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Una giovane spettatrice stupita da Muta Imago e il loro “In Tahrir”

Una giovane spettatrice stupita da Muta Imago e il loro “In Tahrir”

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Cosa è successo in Egitto due anni fa? La Primavera Araba ha ribaltato meccanismi politico-sociali in alcuni Paesi del Nord Africa con una rivoluzione nuova, di cui sentiamo parlare ancora oggi mentre cerchiamo di interrogarci per capire cosa effettivamente e concretamente è riuscita a fare, a cambiare. Le proteste oggi continuano; le persone sono ancora in piazza a lottare. Da qui, dall’Italia, abbiamo vissuto questa ondata di proteste attraverso la televisione, internet, i social network. Le immagini di tutti quei giovani in piazza, che acclamavano i propri diritti rimettendoci anche la vita, hanno fatto il giro del mondo.

Dal 17 al 27 giugno Inteatro, in collaborazione con AMAT, ha ospitato in residenza la compagnia romana Muta Imago che ha proseguito il proprio percorso verso la produzione del nuovo spettacolo In Tahrir. Studio sulle tracce di Gihan. Dopo 10 giorni di intenso lavoro gli ideatori Chiara Caimmi, Riccardo Fazi e Claudia Sorace – quest’ultima anche regista dell’opera – hanno presentato il loro studio nell’ambito di Inteatro Villa Nappi Festival 2013. Uno studio, appunto, dato che il percorso di ricerca non è ancora terminato e lo spettacolo debutterà a ottobre a Romaeuropa Festival.

Una giovane spettatrice ci ha mandato le sue impressioni dopo aver assistito a In Tahrir. Studio sulle tracce di Gihan, un racconto istintivo, frammentato e polifonico di tracce che Gihan, blogger egiziana, ha lasciato in rete – fotografie, video, suoni, tweet, mail.

Something new
di Denisa Mahilaj

Sino ad ora non ho mai avuto la possibilità di assistere a uno spettacolo di teatro contemporaneo, tanto che quando mi è stato proposto, da una parte ero curiosa, dall’altra temevo di non saperlo apprezzare. Ai miei occhi tutto appariva strano, a partire dal posto in cui mi trovavo: il Teatro della Luna, che tutto è tranne che un teatro, o meglio, sicuramente non è un teatro all’italiana. Non c’erano sedie comode come quelle del teatro classico, erano piuttosto sedie da palazzetto dello sport, che secondo me favoriscono una maggiore attenzione nello spettatore, come quando si assiste a una partita, la si segue non solo con la mente ma con tutto il corpo, tutto di noi è attratto da quello che ha davanti.

foto di Ludovica Galeazzi

Mi ha stupito il fatto che una compagnia di attori abbia preso a cuore questa nuova piaga d’Egitto cominciata due anni fa e tutt’ora non guarita, e l’abbia fatta diventare arte, sensibilizzando in questo modo l’uomo occidentale, che spesso inconsapevolmente, considera quel mondo tanto lontano da sé. Gli attori nel costruire lo spettacolo, che ancora non è completo, sono partiti dalle tracce della blogger Gihan, che tramite i social network informa l’Occidente sulle stragi, le rivolte, le ingiustizie, gli sconvolgimenti del suo Paese.

I Muta Imago, usando il meno possibile i dialoghi, pongono lo spettatore davanti a immagini, che molto chiaramente spiegano la grave situazione egiziana, immagini che ormai dominano i nostri telegiornali. Eppure non si aveva la sensazione di stare davanti a un teleschermo, ovvero a qualcosa di oggettivamente “freddo”. Ho apprezzato molto l’utilizzo dei suoni e dell’amplificazione, perché portavano lo spettatore a immaginarsi la scena, le facce, i corpi dei personaggi. È sicuramente un tipo di teatro che chiede al pubblico di impegnarsi.

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