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JES!: tavoli di pensiero intorno all’arte

JES!: tavoli di pensiero intorno all’arte

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Di lavoro ce ne è sempre meno. Le richieste aumentano e con loro anche le agenzie interinali. Ma può un creativo, un artista, un artigiano iscriversi a queste liste? Difficile collocarsi oggi. La crisi avanza. Come affrontarla? Facendo rete, mettendo in circolo le idee, condividendole. È proprio da qui che parte JES! l’agenzia interstiziale, un luogo in cui si offre lavoro e non si chiede. Gli ideatori e curatori del progetto, Federico Bomba, Sabrina Maggiori e Alessia Tripaldi, vogliono indagare proprio gli interstizi, le smagliature, gli spazi vuoti con l’intento di riempirli. Affine per natura al progetto di Amat, Compagnia Baku e Studio Mjras REmarcheBLE! – grazie al sostegno della Regione Marche – e per intenti – come quello di rianimare i contenitori culturali con l’arte e le creazioni contemporanee –, il progetto JES! è promosso dal Comune di Jesi e finanziato dalla Regione Marche e si avvale del contributo degli sponsor Adif.Design e Nerto.it e della collaborazione di Amat, Associazione Compagnia Sineglossa, Associazione NotteNera, Circolo Culturale Reasonanz, Istituto Tecnico Statale Pietro Cuppari, Liceo Artistico Edgardo Mannucci, Liceo Classico Vittorio Emanuele II, Museo Diocesano di Jesi, Scuola Internazionale di Comics e Tonidigrigio.

All’interno di JES! si è tenuta nelle Marche, in contemporanea con altre 9 regioni di Italia, la giornata nazionale di C.Re.S.Co. – Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea. Sabato 20 aprile 2013, da nord a sud, da Torino a Catania, si è svolto infatti questo appuntamento intitolato Laboratorio Permanente sul Contemporaneo, una sorta di tavolo di pensiero che ha visto al centro l’artista con le proprie poetiche, metodologie e linguaggi, in un dialogo vivace e volto al confronto tra le arti e discipline.

L’agenzia interstiziale

Dopo una piccola presentazione del progetto Federico Bomba spiega a coloro che hanno raggiunto la bella chiesa barocca di San Bernardo, un piccolo gioiello inutilizzato e che JES! ha fatto diventare la propria sede del progetto insieme al SAS – Museo per le Arti della Stampa, che cosa sia C.Re.S.Co. che a oggi raccoglie più di 130 iscritti e che dedica questo 20 aprile alle poetiche artistiche e non alla politica culturale.
Bomba cita Roberta Nicolai – coordinatrice nazionale del tavolo delle idee e del Laboratorio Permanente sul Contemporaneo – e lo scambio di mail avvenuto per augurare un buon lavoro a tutti i curatori delle iniziative sparse per le varie regioni: è centrale qui l’idea di poter dar vita a un flusso di pensiero in espansione, dalla comunità piccola e reale – come quella del Cresco jesino – a una simbolica, che abbraccia un territorio più ampio come quello nazionale.

Distinzione tra arte e creatività
Il curatore di JES! cerca di incanalare il flusso di pensiero attorno a dei concetti, tutti molto affini tra loro ma che sollevano idee e discussioni che si potrebbero protrarre all’infinito. Si comincia con la distinzione tra creatività e arte, dove a essere etichettati come ‘creativi’ solitamente sono le persone legate alla grafica e al design. Partono subito i primi commenti, calzanti e che sottolineano il fervore che c’è introno a questo tema. Un partecipante sottolinea come bisognerebbe ritrovare l’arte nella sua forma più autentica, uscendo da quello schema che fa essere sistematicamente tutti artisti. Ma Bomba solleva ancor di più quesiti: essere artisti presuppone essere creativi; ma essere creativi presuppone anche essere artisti?

Ci si guarda in faccia, disposti in cerchio dentro la Chiesa di San Bernardo. Ci si sofferma a riflettere, a soppesare i pensieri, qualcuno prende la parola e risponde. Il creativo sa mettere insieme, sa utilizzare più cose per raggiungere un obiettivo ben preciso; l’artista arriva sì al suo obiettivo ma riesce a trasformarlo in opera d’arte, conferendogli un’energia diversa. Forse il problema alla base è il tempo del riconoscimento: quando si decide che qualcosa è un’opera d’arte? O quando che una disciplina – come quella del graphic design – è un’arte? La differenza tra arte e creatività è ancora presente; è come se la creatività creasse un vuoto che l’arte deve colmare.
Gli interventi a poco a poco si succedono; ogni partecipante a questa giornata vuole dare il suo contributo. Andrea, architetto, sostiene che la creatività sia qualcosa di insito nell’essere umano. È una capacità di risolvere un problema, la si mette in campo quando non si hanno tutti gli strumenti per fare una cosa: lavora sui vuoti. Dove sta allora lo scarto? Mentre la creatività riempie i vuoti, la sensibilità artistica li indaga, va nel profondo di questo abisso. L’artista ha la capacità di destabilizzare, di varcare delle soglie, andando così a esplorare altri territori.
L’arte ha un’aurea diversa, è qualcosa di magico. È a quest’ultimo concetto che si attacca Isa, teatrante: la creatività è un’invenzione, mentre l’arte è qualcosa di altro ed è proprio questa componente, questa sua diversità magica ad accomunare l’arte in tutte le sue declinazioni.

Il ruolo dell’artista e del creativo
Ma gli artisti hanno ancora un ruolo? Ha ancora senso chiamarsi artisti o siamo tutti creativi?
Dalle varie risposte sembra che una differenza ancora ci sia e che voglia essere mantenuta. Dentro il lavoro artistico-creativo c’è una tensione nel farsi da tramite, nel realizzare così qualcosa che sia meraviglioso quando lo si tocca; l’arte cerca di tradurre in forma umana l’invisibile. Nel teatro, come sottolinea Isa, questa traduzione accade nel fatto scenico: quando lo spettacolo ti porta via, il tempo si annulla e ci si dimentica di questo incessante e inesorabile scorrere.
Secondo Massimo, che si autodefinisce un creativo, la differenza sta nel processo: nel fare artistico non si cerca un ‘fine’, ma piuttosto un’espressione; il fine creativo è invece la comunicazione.
E a questa riflessione risponde Chris, che si definisce dotata di duplice natura, artistica e creativa, pittrice e lavoratrice nel settore della comunicazione: la creatività è un canale, uno strumento per raggiungere un fine e uno scopo ben preciso; l’arte invece è un veicolo privato di funzionalità, non c’è un’utilità immediata ma c’è alla base una gratuità. È nel processo che si vive l’esperienza artistica e non nel fine ultimo. L’arte come processo, la creatività come fine.

Tra arte e creatività: percorsi a metà
Ci sono dei percorsi che restano a metà tra la creatività e la forma d’arte: come quello di Marco, che racconta il suo progetto nato da un’esigenza personale e arrivato ad abbracciare quella di una intera comunità. La sua volontà di opporsi alla costruzione di un elettrodotto, che attraversa tutto il territorio marchigiano e oltre, doveva essere comunicata a un numero più ampio di soggetti possibili, per sensibilizzare un problema ambientale che riguarda non solo un artista, ma un grande bacino di persone. Come fare? Da qui è nata l’idea di Marco: mettersi in cammino, zaino in spalla, penna e carta alla mano e percorrere le stesse zone che dovrebbe attraversare l’elettrodotto, scrivendo e raccontando il viaggio, gli incontri con le comunità interessate e cercando una risonanza anche sul web.
La sua operazione ha un fine – ed eccolo quindi aderire alla sfera della creatività, se si seguono i suggerimenti sorti dai dialoghi precedenti –, ma ha anche una spiritualità, una sensibilità artistica perché interroga dei vuoti, non si limita a riempirli: è un percorso che mette in atto dei presupposti creativi affinché arrivi a essere un’opera d’arte che produce un cambiamento nel mondo.
Con questa testimonianza e riflessione avviene un’ulteriore passo nella definizione di chi è creativo e chi è artista, perché c’è uno scollamento tra le due categorie che è situato nelle esigenze: metto in atto la mia creatività per produrre qualcosa (ecco il fine) ma quello che produco ha un effetto deflagrante negli altri, compito quest’ultimo proprio dell’arte. Quando ci si trova di fronte all’arte, si verifica una sospensione, cadono delle unità di misura del mondo razionale. Ma come farle decadere e perché? L’artista deve carpire l’invisibile e deve saperci lavorare, creando uno squarcio attraverso cui questa energia può filtrare. È proprio questo il gesto artistico: è nascosto nella perseveranza, nella ripetizione che conduce e apre i confini, verso un mondo altro. Nell’ambito comunicativo/creativo invece esistono dei codici ben visibili e precisi: bisognerebbe capire se questi ultimi ci siano e siano riconoscibili anche nell’arte.

Quando l’atto creativo diventa arte?
Secondo Isa per far diventare arte la creatività si deve possedere gli strumenti, una professionalità: bisogna apprendere una tecnica e svilupparla a fondo. Solo se si ha padronanza si può avere la libertà che permette di arrivare all’aspirato gesto artistico. Ma è una condizione necessaria, non significa che sia sufficiente. È la stessa differenza che distingue un attore dal grande attore come il critico Cesare Garboli ha spesso sottolineato nei suoi scritti.

L’interior design Simone, riassumendo un po’ tutte le riflessioni e chiudendo un cerchio, solleva una mancanza: il nostro linguaggio non basta a descrivere il tempo artistico che stiamo vivendo. Si hanno tante forme espressive e vengono definite solo come ‘arte’ e ‘creatività’. C’è alla base un malessere espressivo che crea fraintendimenti e un qualcosa di più ampio che non trova la sua canalizzazione per essere comunicato.
Si collega qui una provocazione di Sabrina Maggiori, curatrice di JES!: e se il ruolo del creativo fosse proprio quello di trovare contatto con l’altro e comunicare una forma artistica che altrimenti non avrebbe espressione? Il creativo può introdurre un elemento nuovo, che funga da enzima o che metta in crisi il sistema d’arte?
Ma soprattutto: l’arte si rivolge a una comunità o la crea? Le nuove tecnologie, utilizzate sempre di più per comunicare l’opera d’arte stessa, sono delle potenzialità da sfruttare per arrivare in maniera più ampia alla collettività?
A prendere parola e tentare di rispondere alle domande sollevate, dopo i vari creativi e artisti, è Annalisa, curatrice e critica d’arte secondo cui l’arte è qualcosa che interroga l’essere e un processo che chiede delle risposte, mentre la creatività invece delle risposte. L’artista riesce a comunicare quando è veramente contemporaneo: non perché abbia delle finalità, ma perché con il suo gesto artistico riesce a dar forma a un messaggio già insito nella collettività; come se ci fosse sempre stato qualcosa di presente e sotterraneo che è l’artista a svelare. Si parte da un’esigenza personale e la si fa diventare universale.
La conversazione si surriscalda e Andrea, continuando la riflessione di Annalisa, spiega come “contemporaneo” non sia indice solamente di contaminazione delle varie discipline e utilizzo di nuove tecnologie, ma significhi affrontare tematiche vicine all’oggi. Ecco perché l’arte di oggi è chiamata ad avere rapporti con il sociale, con l’ambiente. Riassumendo: l’espressione artistica è arcaica e spirituale ma è contemporanea perché ha un ruolo politico.

L’arte politica e tradizionale: l’artista e la fruizione dell’opera
Esiste differenza tra fare arte tradizionale e arte politica? Si chiede Simone, sollevando degli interrogativi che aprono un mondo che abbraccia non solo il ruolo e la natura dell’arte, ma anche la sua fruizione. Sostiene l’interior design jesino che sia successo qualcosa, nel tempo, che abbia spinto per necessità l’arte a frammentarsi, per poter entrare nelle case di tutti; quell’arte che dovrebbe sottendersi da qualsiasi cosa, che non ha bisogno di differenziarsi, perché elemento costituente dell’essere e della polis. E invece oggi c’è come la necessità di risvegliare questa sua natura dimenticata, un voler riportare l’arte a guardare se stessa e restituirle così la sua funzione: essere un faro e trasformare il cammino delle persone.
Forse, risponde il curatore di JES! Federico, sta cambiando il concetto stesso d’artista: prima la sua figura era più vista come quella di un genio travagliato, mediatore tra il mondo e Dio; era una sorta di totem da guardare e venerare, a cui fare riferimento e con cui non era possibile interagire perché lontano dal mondo. Oggi la figura dell’artista è diversa: il pubblico non lo venera più, anzi senza remore esprime il proprio parere sul lavoro svolto; oggi si può dire che l’arte crea coscienza critica e che quest’ultima stimoli un dialogo acceso intorno all’opera, agli interventi performativi. L’arte porta dei contenuti su cui artisti e pubblico – ma anche chi commissiona delle opere – dibattono. L’arte non è un prodotto di consumo; non deve ricercare per forza l’autenticità, ma deve sollevare dibattito, deve creare una comunità e scatenare delle riflessioni. Si torna al punto di partenza: l’arte deve interrogare, non dare delle risposte.
Ma chi interroga l’arte? Chi è il suo fruitore? C’è consapevolezza, da parte del pubblico, che lo spettatore è all’interno di un processo, anche se rimane seduto e fermo in platea? Sorgono tante domande intorno al ruolo del pubblico, punto centrale di qualsiasi costruzione artistica perché è a lui che quest’ultima deve parlare. Lo spettatore è parte integrante dell’opera, nella sua fragilità e meraviglia.
Qualcuno dice che oggi il fruitore d’arte si avvicina di più alla figura di consumatore e non vive l’esperienza che gli si pone davanti. Ma, come sostengono in moltissimi, il pubblico non deve essere passivo, deve interagire; non deve limitarsi a giudicare, non è più recensore, ma parte del processo: è polis all’interno di uno stesso spazio. È comunità. E allora perché si sente l’esigenza di condividere la parte finale di un lavoro e non il suo processo creativo? Una domanda chiara, semplice e che andrebbe indagata perché ribalta la stessa modalità di esperire e fare arte.

Sono passate quattro ore dall’inizio della discussione, ma non bastano a rispondere ai troppi interrogativi sollevati. Rimane l’urgenza di incontrarsi di nuovo, riflettere e dare vita ad altri tavoli di lavoro, di condivisione, a laboratori che servono alla creazione e ad arricchire e portare avanti obiettivi comuni. JES! mette a disposizione il proprio spazio per queste esigenze riempiendo così i vuoti della città jesina e del territorio, strutturando relazioni di co-working e fornendo gli strumenti che si affiancano alla creatività. Le persone sono invitate a partecipare affinché il flusso di pensiero continui a scorrere…

Carlotta Tringali

 

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