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Da Scuola di Platea: gli articoli su Furioso Orlando #3

Da Scuola di Platea: gli articoli su Furioso Orlando #3

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Recensioni degli alunni del Liceo Classico Vittorio Emanuele II di Jesi in occasione dello spettacolo Furioso Orlando per la regia di Marco Baliani, con Stefano Accorsi e Nina Savary.

Titolo: Furioso Orlando. Ballata in ariostesche rime per un cavaliere narrante
Autore: liberamente tratto da Orlando Furioso di Ludovico Ariosto
Regia: Marco Baliani
Interpreti: Stefano Accorsi e Nina Savary
Città: Jesi, Teatro Pergolesi 13-14 marzo


Recensione di Martina Beldomenico

Tutto si apre con questa domanda: perché scegliere un’opera come l’Orlando Furioso per una rappresentazione teatrale? Dopo ben cinque secoli dalla sua prima redazione, il suo messaggio è ancora attuale? La risposta è sì, in quanto il poema ariostesco è più vicino al nostro tempo di quanto si possa pensare ed è possibile riconoscervi tematiche universali che non perdono di validità a distanza di tanto tempo. L’Orlando Furioso, infatti, pur nella complessità del suo intreccio, non è altro che la storia di personaggi che rincorrono incessantemente l’oggetto del proprio desiderio, impegnandosi in una ricerca che risulta per la maggior parte di loro inconcludente e vana e che conduce addirittura il saggio e misurato paladino Orlando alla follia. La rappresentazione teatrale presenta però anche la commistione di tematiche ampiamente discusse al giorno d’oggi e su cui viene posto un particolare accento, quali la condizione della donna, le violenze da questa subite e la guerra. La relativa contemporaneità tematica risulta stemperata dalla forma in cui vengono narrati gli eventi, che rispetta la struttura in ottave del poema ariostesco, in parte riprese fedelmente, come è avvenuto per il proemio, in parte tratte liberamente e riscritte dallo stesso regista Marco Baliani.

Ma passiamo allo spettacolo. Il sipario si apre su un palcoscenico buio, in cui spicca, illuminata da un fascio di luce, una ruota che gira, a rappresentare il ciclo della vita, una corsa circolare che ognuno di noi compie dietro a se stesso. Con voci fuori campo i due interpreti-protagonisti, Stefano Accorsi e Nina Savary, servendosi di un’ideale macchina da presa, partendo da una veduta aerea, avvicinano man mano lo spettatore alla scena, che viene messa a fuoco e collocata nel tempo e nello spazio dal proemio, riproposto fedelmente e con magistrale interpretazione da parte di Stefano Accorsi. Si passa poi al racconto di vari episodi, come la fuga di Angelica e lo scontro tra Sacripante e un guerriero misterioso, reso con una velata ironia, in quanto si scopre quest’ultimo essere una donna, Bradamante, anche lei alla ricerca del suo amato Ruggiero.
L’aspetto ironico dei vari episodi costituisce una costante di tutto lo spettacolo, persino dei momenti di interruzione della narrazione ariostesca che Accorsi e la Savary integrano con un botta e risposta di battute pungenti e incisive, finalizzate a porre l’accento sugli aspetti più importanti delle tematiche insite nelle vicende raccontate.

Non manca il carattere comico vero e proprio, che emerge in particolare nella scena di Angelica ospitata da un vecchio eremita, il quale non riesce a domare gli istinti della carne nei confronti della bellissima fanciulla, ma che al momento di possederla, dopo averla fatta addormentare con erbe magiche, non riesce a risvegliare il suo nobile “destriero” non più reattivo e arzillo come una volta. La vicenda si risolve con l’abbandono dell’incosciente Angelica sulla spiaggia dell’isola di Ebuda, dove gli abitanti la incatenano nuda ad uno scoglio come tributo ad un mostro marino, stessa sorte toccata ad un’altra fanciulla, Olimpia, salvata da Orlando. Le sue belle forme in vista cattureranno l’attenzione di Ruggiero, il quale, già una volta aveva tradito l’amata Bradamante con la maga Alcina, che lo aveva stregato; nonostante, in questo caso, sia in pieno possesso delle sue facoltà, non può fare a meno di rispondere al desiderio di unirsi a lei e la salva dal suo tragico destino: di nuovo la povera Bradamante risulta beffata e dimenticata, mentre Angelica ritorna ad essere semplice oggetto di passione. La giovane riesce, però, a scampare alla foga del suo salvatore diventando invisibile, grazie ai poteri dell’anello magico, proprio sotto gli occhi di un attonito Ruggiero che tenta goffamente di liberarsi dall’armatura.
Viene poi raccontata la vicenda di Cloridano e Medoro, che offre al lettore un importante spunto di riflessione, cioè che la guerra avviene tra re e imperatori, ma chi muore davvero sul campo sono i fanti, i soldati semplici. Quale aspetto più incisivo e attuale di questo? Medoro sarà però colui che farà innamorare la bella Angelica e dopo averla sposata, partirà con lei alla volta del Catai, ma la loro storia d’amore sarà anche la causa della pazzia del paladino Orlando, che farà decine e decine di vittime senza avvedersi della situazione. Ecco, perciò, che entra in scena Astolfo, il quale in groppa all’ippogrifo arriva sulla luna, dove recupera l’ampolla contenente il senno perduto di Orlando, che torna in sé.
Risulta particolarmente interessante l’episodio dello scontro tra Orlando, Brandimarte e Oliviero contrapposti ad Agramante, Gradasso e Sobrino, in quanto Accorsi fa assumere allo scontro il tono della telecronaca calcistica, che stempera la tragicità della scena con una soluzione comica e particolarmente attuale.
Non viene, però, narrata la conclusione della vicenda di Ruggiero e Bradamante e i due attori rimandano alla lettura del poema ariostesco per il chiarimento di ciascun aspetto, lasciando in qualche modo interdetti gli spettatori di quello che, in ogni caso, emerge come una rappresentazione notevole e di grande spessore artistico e interpretativo. Appare alla fine evidente come il regista abbia scelto di mantenere la maggior parte degli episodi dell’Orlando Furioso, sintetizzandoli, sempre nel rispetto dei contenuti, in uno spazio di due ore, ma riuscendo comunque ad ottenere un prodotto avvincente e ricco di sorprese.

Le ambientazioni variegate del poema prendono forma davanti agli occhi dello spettatore grazie alla capacità di dare vita alle parole dei due attori, che non si muovono in una complessa sceneggiatura, né si servono di innovativi effetti scenici, ma producono i suoni dal vivo utilizzando oggetti comuni, come ad esempio due gusci di noce di cocco per rendere il rumore degli zoccoli del cavallo, o ancora dei sassolini fatti ruotare scivolando all’interno di un grande setaccio per riprodurre lo sciacquio delle onde del mare sulla spiaggia. Inoltre la colonna sonora è spesso costituita da canzoni e brani al pianoforte o alla chitarra eseguiti dal vivo dalla stessa Nina, dimostratasi un’attrice versatile e pienamente capace di padroneggiare la struttura metrica delle battute, presumibilmente non semplice da gestire in lingua italiana date le sue origini francesi, che non si sono però dimostrate un ostacolo alla resa dei toni e all’interpretazione.

C’è molta genuinità in questo spettacolo e una frequente interruzione della narrazione, quasi a ricreare l’effetto dell’illusione scenica tipica delle commedie plautine: infatti Stefano e Nina propongono una figura insolita di interprete, che non veste i panni stessi del protagonista, ma si immedesima in lui mentre racconta; mantengono in tal modo un relativo distacco dalla scena e si permettono di esprimere giudizi sull’episodio, dando adito ad un dialogo tra loro, il cui fine è sicuramente quello di evidenziare alcune tematiche su cui è importante che lo spettatore rifletta e maturi una propria opinione. La luce segue con attenzione i movimenti degli attori e riesce a guidare l’occhio attraverso la scena con intensi effetti di luce-ombra, mentre Stefano e Nina si spostano con sicurezza lungo tutto il palcoscenico dimostrando una capacità di controllo della situazione e una presenza scenica davvero notevoli.

Insomma, volete sapere i principali ragioni per cui correre a vedere il Furioso Orlando con Stefano Accorsi e Nina Savary, per la regia di Marco Baliani? Perché è uno spettacolo interessante, avvincente e fuori dal comune, come lo è anche il poema ariostesco, che fa riflettere, con ironia e serietà insieme, su argomenti sempre attuali, oggi come cinquecento anni fa; perché la cornice offerta in questo particolare caso dal meraviglioso teatro Pergolesi di Jesi dimostra la versatilità di un’opera di “donne, cavalieri, armi ed amori”, che anche a teatro non perde di fascino; perché Stefano Accorsi e Nina Savary sono due interpreti straordinari che riescono a coinvolgere a colpi di ottave un pubblico esigente e variegato, non deludendone le aspettative; perché la regia di Marco Baliani è attenta ai particolari e non lascia nulla al caso; perché l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, che diventa il Furioso Orlando, è un’opera che non conosce il passare del tempo e che ci rende consapevoli delle nostre vite, trascorse a correre senza sosta dietro ad un obiettivo, che solo alla fine scopriamo essere un ciclico rincorrere noi stessi.

Recensione di Giovanni Luzi

Martedì 13 e mercoledì 14 marzo è andato in scena al Teatro Pergolesi di Jesi lo spettacolo Furioso Orlando, basato sulla sceneggiatura di Marco Baliani tratta dal celebre poema dell’Ariosto. I due interpreti, un bravissimo Stefano Accorsi e Nina Savary, hanno dato vita a un teatro d’attore divertente, in perfetto stile ariostesco, ma ricco di contenuti, incentrato soprattutto sui rapporti uomo-donna e sul contrasto tra i due tipi di uomo: il fedele e idealista Orlando e il più pragmatico e farfallone Ruggiero.

Il testo, ovviamente tutto in rima, riprende parte degli episodi e i momenti salienti dell’Orlando Furioso, magistralmente narrati e interpretati da Accorsi e con gli interventi fonici e musicali, ma anche rimati, della sua partner, sempre schierata in difesa di Angelica e del mondo femminile che essa rappresenta. Eccoci allora trasportati nel poema: si parte dalla fuga di Angelica e il suo incontro con Sacripante nella selva, dove troviamo anche Ferraù, Rinaldo e Bradamante; come fa l’Ariosto, l’autore Baliani abbandona un personaggio o una storia per passare subito ad’altra: ecco allora l’intrepida Bradamante che sconfigge il mago Atlante per liberare il suo Ruggiero, ma questo, eroe come tanti dominato dal destino, viene rapito dal magico ippogrifo. Seguendo il saraceno sul cavallo alato arriviamo sull’isola di Alcina, una maga malvagia che viene sconfitta solo grazie a un anello fatato, poi allo scoglio dove nel frattempo è stata incatenata Angelica, vittima prima di un eremita impotente e poi di cacciatori di fanciulle. Ruggiero libera la donna, ma mentre sta finalmente per unirsi con lei, questa ricomincia nuovamente la sua eterna fuga dagli uomini, ignara del fatto che presto anche lei cadrà innamorata. Giungiamo infatti al cuore del poema: Angelica si innamora perdutamente e sposa l’umile fante Medoro e Orlando, impazzito dopo aver scoperto la triste realtà, semina morte e distruzione per tutta Europa. Infine assistiamo al viaggio sulla Luna di Astolfo, eroe particolarissimo e risolutore, che recupera il senno di Orlando, fa rinsavire l’amico e permette a Carlo Magno di vincere la guerra con i Mori, lasciata latente sullo sfondo dall’inizio del poema e che così si conclude.

L’allestimento dello spettacolo è risultato molto efficace, in particolare la scenografia essenziale e interamente lignea; le luci mettevano in risalto la straordinaria capacità narrativa e interpretativa di Accorsi e l’abilità della Savary che, pur non essendosi dimostrata all’altezza della sua controparte, si è rivelata un’ottima musicista, cantante e rumorista. Ha infatti utilizzato al meglio sia gli strumenti più classici (chitarra, pianoforte, fisarmonica) che quelli più inusuali per gli effetti fonici che hanno reso la rappresentazione molto suggestiva.

In definitiva lo spettacolo è piaciuto molto sia al sottoscritto che al pubblico (peraltro molto numeroso e prevalentemente femminile) che ha tributato agli attori una vera e propria ovazione, a dimostrazione che i grandi classici della letteratura possono essere portati con successo tra il grande pubblico e che sono capaci di affascinare anche le nuove generazioni, come testimoniano le molte scolaresche presenti alle rappresentazioni.

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