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“Scusate se non siamo morti in mare” di Pablo Solari e gli attori di MaMiMò

“Scusate se non siamo morti in mare” di Pablo Solari e gli attori di MaMiMò

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Da un cartello esposto durante una manifestazione di migranti a Lampedusa nasce l’idea di Scusate se non siamo morti in mare, l’ultimo progetto teatrale di Pablo Solari, basato sulla drammaturgia di Emanuele Aldrovandi, interpretato dagli attori della giovane compagnia MaMiMò, Luz Beatriz Lattanzi, Marcello Mocchi, Matthieu Pastore e Daniele Pitari.  Lo spettacolo, andato in scena il 18 e 19 maggio nella Chiesa dell’Annunziata di Pesaro, è parte della rassegna TeatrOltre, un palcoscenico per le più importanti esperienze del teatro di ricerca italiano – giunto alla tredicesima edizione – su iniziativa della Fondazione Teatro della Fortuna di Fano, dei Comuni di Pesaro, Urbino, San Costanzo, San Lorenzo in Campo e Urbania con AMAT e il contributo di Regione Marche e Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Un testo che s’interroga sulla migrazione, sia come fenomeno politico che come evento naturale. Ma la tragedia dei migranti del Mediterraneo, fenomeno di ineludibile attualità, si trasferisce in un futuro imprecisato ma allo stesso tempo non poi così lontano  – quando a sperimentarla sarà l’Europa, nei panni degli attuali paesi del terzo mondo. Battendo le rotte dei paesi più ricchi, in cerca di quella luce migliore da scorgere una volta usciti dal container – uno dei tanti mezzi illegali che più si diffonderanno per espatriare – ci sarà chi, come “l’Alto” coltiverà il suo sogno di diventare scrittore o chi, come “il Robusto” quello del magnate di alberghi, ed infine lei, “la Bella”, la ragazza nordafricana costretta a emigrare di nuovo dopo esser cresciuta in Europa. I viaggiatori non hanno nome ma vengono identificati con le loro caratteristiche fisiche. A orchestrare la scena c’è “il Morbido”, lo spietato traghettatore clandestino di anime, colui che si guadagna da vivere estorcendo denaro ai passeggeri e che, in cambio di false promesse, ne causerà il naufragio. Il regista sceglie di mostrarci quest’ultimo nei panni di un presentatore televisivo alle prese con il suo reality show: la voce fuori campo fa da regia, dà indicazioni su come comportarsi all’interno del container, sentenzia, rivolgendosi talvolta direttamente al pubblico. Tuttavia neanche lui potrà sottrarsi all’esodo finale della morte. Come ha sottolineato Davide Carnevali nella prefazione al testo di Aldrovandi: «è proprio nella situazione limite del naufragio che si pone l’istinto al dominio e all’annientamento del debole da parte del più forte, che è alla base di ogni razzismo».

I protagonisti di questa storia sono assai diversi da quelli dei “barconi” che quotidianamente ci vengono mostrati dai media. Qualcosa ce li rende così straordinariamente vicini e familiari:  sentiamo di condividerne le scelte, le idee e le intenzioni perché, in fondo, sono come noi. In un mondo che, attraverso l’assenza di scenografia, il regista Pablo Solari vuole mostrarci come un non-luogo, in cui «le migrazioni sono spostamenti che gli animali compiono in modo regolare, periodico, lungo rotte ben precise e che coprono distanze anche molto grandi» qualcosa ci ricorda che siamo tutti migranti.

Una narrazione che cammina sui fili di una drammaturgia lineare, coerente e ben comprensibile, (anche ai più giovani) ma che non rinuncia al ritmo incalzante dato dalle battute secche, taglienti dei dialoghi ferocemente sospesi tra picchi di amaro ed esasperato cinismo e toni di ritrovata dolcezza. Lo scottante realismo che inevitabilmente accompagna l’intera messa in scena viene restituito agli spettatori tramite un gioco di equilibrio tra situazioni tragico-paradossali e senso dell’humor che sconfina nel grottesco. Incisiva l’interpretazione dei giovani attori della compagnia MaMiMò: Luz Beatriz Lattanzi, Marcello Mocchi, Matthieu Pastore e Daniele Pitari.

Lo spettacolo – finalista al Premio Scenario 2015 – è prodotto da Mamimò Teatro Piccolo Orologio in collaborazione con Arte Combustibile e La Corte Ospitale. Il testo di Emanuele Aldrovandi è finalista al Premio Riccione “Pier Vittorio Tondelli” 2015.

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