Luca Ronconi, il suo ricordo nelle Marche
«Credo che la cosa più utile che io possa dare non è tanto il ‘come si fa’ o il ‘come si recita’. Sì, c’è anche quello, ma è più importante riuscire a comunicare il piacere che c’è nel fare teatro, il tipo di passione che ci si può mettere e quanto sia tutto sommato gratificante e arricchente potersi dedicare con passione a qualcosa. Il fattore principale è comunicare un modo appassionato di lavorare».
Parlava così Luca Ronconi, nel 2006, durante un’intervista realizzata da Gilberto Santini¹ in occasione de La Calandria, progetto che il grande regista ha curato per il V centenario della fondazione dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”: il maestro era tornato in quel Cortile del Palazzo Ducale di Urbino che quarant’anni prima l’aveva rivelato al mondo del teatro con l’allestimento de I lunatici di Middleton e Rowley. Da quel giorno – esattamente era il 12 agosto 1966 – si è aperto un capitolo nuovo per la storia del teatro italiano e internazionale, per la storia culturale del nostro Paese; perché, come scrive il critico Franco Quadri ne Il rito perduto “con I lunatici Ronconi imposta tutta la problematica dei suoi spettacoli futuri” e grazie al successo ottenuto, “molto bello, molto commovente, molto vero, molto inaspettato, nasce il fenomeno Ronconi”.
Non si pretende ripercorrere qui più di 50 anni di una carriera speciale in cui il regista – negli anni Direttore della sezione Teatro alla Biennale di Venezia, dello Stabile di Torino, del Teatro di Roma e del Piccolo Teatro di Milano – ha firmato capolavori su capolavori, che si studiano sui libri o sui manuali delle università e hanno segnato un vero e proprio spartiacque nel fare e concepire teatro; molte firme autorevoli della critica in questi giorni lo stanno già facendo (si leggano sul web Marino, Ponte di Pino, Porcheddu ad esempio); si tenta qui di restituire quelle sfumature di un pensiero che ha seminato bellezza anche nelle Marche, luogo che ha accolto i primi passi e seguito con passione e attenzione lo stile unico del grande maestro. Ora alcuni ricordi riemergono per nutrire certo la nostalgia, ma anche l’orgoglio dei programmatori e degli spettatori di un’intera regione che ha molto apprezzato e amato Ronconi.
DA I LUNATICI A LA CALANDRIA
Dopo il primo spettacolo fatto come regista nel 1963 – La buona moglie di Goldoni – che lo stesso Ronconi descrisse come “una catastrofe”, nel ‘65 curò la regia de Il nemico di se stesso di Terenzio che fece tappa durante la tournée anche al Palazzo Ducale di Urbino. Sempre nell’intervista curata da Santini si legge infatti la vicenda curiosa che lega Ronconi alle Marche e a quella regia de I lunatici, punto di svolta della sua carriera: «In compagnia (de Il nemico di se stesso, ndr) c’era un’attrice, Marisa Quattrini, attraverso cui mi giunse la proposta di allestire a Civitanova Marche nell’estate dell’anno seguente la Comedia degli Straccioni di Annibal Caro per le celebrazioni dedicate all’autore. Mi trovavo allora nella strana condizione di avere alle spalle uno spettacolo non brutto – il Goldoni – che si era rivelato un disastro e un altro che mi sembrava terribile – il Terenzio – e che invece andò benissimo. A quel punto volevo dunque capire chi ero e cosa fare della mia vita. Come condizione per accettare Gli Straccioni chiesi allora che mi trovassero nelle Marche un luogo dove poter allestire, anche solo per una sera, un progetto mio, da me scelto e in cui mi riconoscessi fino in fondo. I lunatici, appunto. Venne fuori la possibilità di Urbino. Provavamo contemporaneamente i due spettacoli; per questo poi riesco a fare cinque allestimenti insieme, perché sono nato così, dividendomi tra i progetti. E devo dire che si lavora benissimo, togliendo da una parte per mettere nell’altra. Lo spettacolo andò in scena. E fu una bella serata, il successo fu clamoroso e inaspettato. Anche perché io pensavo che fosse una cosa divertente, come quella dell’anno prima, invece tutti la trovarono ‘livida e sinistra’. Mi capita spesso che ciò che io ritengo essere molto divertente faccia ridere solo me e per tutti gli altri sia profondamente inquietante». Ed è proprio questa sua profonda inquietudine, quel suo scavare all’interno di un testo in maniera rara, che ha dato vita al “fenomeno Ronconi”, a quel succedersi di spettacoli che sono diventati dei punti cardine del teatro italiano.
I lunatici ha debuttato a Urbino nel 1966; quarant’anni dopo, esattamente nel 2006, il regista è tornato nella stessa città per La Calandria del Bibbiena, invitato dall’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”² a curare l’allestimento di un testo andato in scena per la prima volta nella Sala del Trono del Palazzo Ducale nel 1513. Un progetto ambizioso e straordinario – come del resto tutti quelli di cui si occupava Ronconi – che, oltre la Scuola del Piccolo di Milano, ha unito più soggetti insieme, trasformando l’intera città in una vera e propria fucina creativa: dalla Sezione di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Urbino, coordinata da Francesco Calcagnini, che si è occupata delle scene al Corso di Laurea in Design e Discipline della Moda della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Urbino, coordinato da Stefania Grossi, che ha elaborato i costumi; dalle foto di scena degli allievi I.S.I.A. di Urbino coordinati da Silvano Bacciardi alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Urbino. Con La Calandria Ronconi ha dimostrato ancora una volta le sue grandissime doti di maestro: nella cura con cui seguiva le prove, con cui dava indicazioni; con la rilettura con cui ha reso attuale un testo del Rinascimento, tant’è che affermava: «occorre far tesoro di ciò che si dice nel Prologo. Non a caso comincia con le parole ‘voi sarete oggi spettatori…’ cioè richiamando gli spettatori al proprio presente: voi siete qui ‘oggi’ e questo ‘oggi’ è diverso dallo ‘ieri’ in cui è nato il testo. E la sfida è farlo vivere ‘oggi’. Quando si dice che la commedia è scritta ‘nella nostra lingua’ occorre stare bene attenti al rischio che uno scrupolo filologico entri in contraddizione con la verità di quel dettato. Naturalmente il lessico e la sintassi non sono quelli odierni, ma lo spirito con cui lo si fa vivere in scena lo deve essere. Il che non vuol dire farne una mediocre attualizzazione. Però gli aspetti centrali devono essere affrontati a partire dalla nostra sensibilità contemporanea». [guarda la galleria fotografica de La Calandria]
LE REGIE RONCONIANE NELLE MARCHE
Oltre ai già citati spettacoli, gli allestimenti di Ronconi ospitati nelle Marche sono stati diversi: Memorie di una cameriera di Maraini nell‘87 a Urbino e nell‘89 a Macerata; Tre sorelle di Cechov nell’89 a Jesi, Macerata e Pesaro; Misura per misura nel ’92 a Pesaro; Donna di dolori nel ’93 a Macerata; Medea di Euripide nel ‘97 a Macerata, Urbino e Fermo; I due gemelli veneziani di Goldoni nel 2002 a Macerata e Pesaro; I beati anni del castigo di Jaeggy nel 2011 a Macerata, San Benedetto del Tronto e Urbania. Inoltre si stava lavorando, in fase di programmazione 2016, per ospitare un nuovo allestimento di Ronconi a Pesaro: Questa sera si recita a soggetto.
Se alcuni spettacoli del maestro non andavano in tournée per ragioni logistiche o si potevano vedere solamente negli spazi concepiti e pensati per contenerli, erano le Marche a muoversi, organizzando autobus di spettatori per non saltare l’appuntamento con la storia, per non perdere l’esperienza; un esempio su tutti il viaggio verso lo Spazio Bovisa di Milano per vedere Infinities nel 2002.
I ricordi legati a Ronconi non si ritrovano solo nel passato: sono vivi nel presente dato che due settimane fa è andata in scena a Macerata una delle sue ultimissime regie, Danza Macabra. Proprio in quell’occasione – per il progetto Gente di Teatro, appuntamento di approfondimento con i protagonisti in scena al Teatro Lauro Rossi – è avvenuta una conversazione pubblica con gli attori Giorgio Ferrara e Giovanni Crippa, protagonisti dello spettacolo diretto da Ronconi.
Un’opera raffinata ed esteticamente perfetta, con personaggi-vampiri e un’atmosfera rarefatta, appartenente a un mondo altro. Chiedendo cosa rappresentasse Danza Macabra, Crippa ha risposto che «ogni spettacolo, soprattutto con un regista come Ronconi, è sempre un’occasione non tanto di crescita ma di conoscenza per l’attore e soprattutto per l’uomo. È l’incontro con un autore, in questo caso Strindberg, unito alla possibilità di avvicinarlo con un regista capace di rendere ‘la semplicità della profondità’. Ronconi è un uomo che ricerca sempre, rispettando un testo fino in fondo, quello è il suo metodo». Sempre nella stessa sede Giorgio Ferrara ha ricordato i suoi inizi di carriera con lui, le assistenze alla regia dal ‘69 al ‘74 e per lui Danza Macabra è stato «ritrovare un maestro meraviglioso che avevo avuto e che dagli anni ‘70 al 2013 non è cambiato di una virgola, quello che faceva allora lo fa adesso e continuerà a farlo. Danza Macabra è stata un’esperienza straordinaria».
Carlotta Tringali
¹ Gilberto Santini, «Comunicare una passione. Conversazione con Luca Ronconi», in Gilberto Santini (curatore), La Calandria. Un progetto per il V centenario della fondazione dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”, 2006, Urbino
² La Calandria è un progetto dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” realizzato da AMAT in collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa / Scuola di Teatro fondata da Giorgio Strehler e diretta da Luca Ronconi in collaborazione con Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico delle Marche – Urbino e AMAT e con E.R.S.U
(56)