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Marche Palcoscenico Aperto alla prova dei pubblici: per una ridefinizione della spettatorialità da remoto

Marche Palcoscenico Aperto alla prova dei pubblici: per una ridefinizione della spettatorialità da remoto

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Nell’osservare il modo in cui gli artisti di Marche Palcoscenico Aperto. Il festival del teatro senza teatri si sono confrontati con il digitale è necessario, data la stretta connessione implicata da questa relazione, analizzare oltre ai formati messi in campo anche le differenti modalità di fruizione che sono state innescate dalle molteplici iniziative. Se infatti lo spazio digitale va inteso come spazio di sperimentazione performativa, spostando quindi l’attenzione sulle caratteristiche dei formati, nello stesso modo va inteso anche come spazio di nuove forme di relazioni e nuove esperienze spettatoriali. In aggiunta a ciò, non si può prescindere dal provare a indagare che tipo di risposta di pubblico hanno avuto questi progetti, partendo dal presupposto che l’indagine si è svolta in un momento in cui alcune delle iniziative del progetto MPA erano appena state messe in campo o non lo erano state ancora. Nel momento in cui lo spettacolo dal vivo concentra la sua presenza negli spazi online è importante provare a chiedersi, insieme agli artisti, che tipo di pubblico ha seguito queste iniziative? Che relazioni sono state sviluppate? E infine, può la presenza digitale del teatro aver intercettato un pubblico potenziale?

I pubblici dei teatri online tra esplorazioni performative e narrazioni interattive

Osservando le diverse modalità di interazione con il pubblico attivate dai vari progetti creativi emerge come, in risposta ai formati e alle logiche dello spazio digitale, ci sia stata la tendenza a creare dei veri e propri habitat partecipativi (Balzola, Rosa 2011). In questi ambienti la partecipazione attiva, e a tratti performativa, dello spettatore, fa emergere differenti gradienti di interattività nell’attivazione di molteplici modalità di fruizione dove lo spettatore diviene più spesso un partecipante attivo. Accade così per l’esploratore di Blue House l’esplorazione performativa per un solo partecipante alla volta di Alice Toccacieli/Luoghi Comuni, incontro che si svolge sulla piattaforma Whatsapp: «chiedevo alle persone di uscire e trovare un luogo dove guardarsi intorno, prendere dei frammenti di realtà, fotografarli, e di scrivere, durante la videochiamata, dei racconti utilizzando la maschera del ricordo» racconta Toccacieli «il mio rapporto con lo spettatore è stato quindi differente fin da subito perché nel momento in cui mi contattava, si innescava subito un ingaggio diretto, si creava una sorta di rapporto intimo e privilegiato con ogni singolo spettatore che diventa anche a tutti gli effetti autore.»

Come accade per l’esploratore di Blue House che si fa co-creatore dell’esperienza performativa, in Olmo, uno spettacolo di legno, progetto ibrido tra cinema e teatro ragazzi della Compagnia 7-8 chili, la piattaforma Zoom si fa spazio di narrazione interattiva e il giovane pubblico può decidere come far andare avanti la storia del burattino di legno. Come racconta Davide Calvaresi è stata «usata la tecnica narrativa del racconto a bivi per cui il pubblico decideva ogni volta che cosa il protagonista della storia dovesse fare e i bambini sono stati molto contenti di questo tipo di interazione.»

Nel dispositivo di Who is the strangers?: chi è lo spettatore?

La creazione di un dispositivo che fosse necessario sia dal punto di vista della ricerca artistica che dal punto di vista dell’interazione con il pubblico ha portato la compagnia L’Abile Teatro a sviluppare un sito sul modello di Chatroulette, utilizzando più precisamente Omegle come spazio prove per la creazione di Who is the strangers?. Simon Luca Barboni racconta: «ho sviluppato una piattaforma di video matching attraverso la quale le persone si connettevano alla performance ma non arrivavano direttamente a me ma avevano modo di incontrare altri spettatori. Si creava una sorta di foyer digitale in cui le persone erano in sala d’attesa; potevano vedersi, sentirsi e quando volevano potevano digitare il tasto skip che li avrebbe condotti alla performance o a un altro spettatore. Una volta arrivati alla performance si creava una partitura coreografica tra me e l’altra persona.»

Il gioco, quindi, fonde e confonde il confine tra scena e platea tanto che allo spettatore, che diventa in qualche modo attore perché parte integrante e fondamentale della coreografia, viene chiesto alla fine dell’interazione di circa dieci minuti quale sia dal suo punto di vista la differenza tra attore e spettatore facendolo ulteriormente riflettere su questa sovrapposizione di ruoli.

Al di là della verità: lo spettatore nell’ecosistema dell’informazione 

La scena digitale viene più spesso pensata come luogo di partecipazione in cui lo spettatore è parte attiva del dispositivo strutturato come accade al partecipante di POST-TRUTH di Profili Artistici/Barbara Alesse/Ernesta Argira, al quale viene chiesto di compilare un questionario non appena si iscrive per accedere all’iniziativa; in base alle risposte gli verranno successivamente inviate delle notizie su un gruppo Facebook del quale entrerà a far parte per partecipare all’evento. La storia che raccontano tratta di un fatto di cronaca inventato e allo spettatore viene chiesto di prendere parte contribuendo alla costruzione verosimile dei fatti: «una minorenne marchigiana scompare, quattro testate si occupano di informare sul caso; ogni testata non cercherà tanto di dare la notizia ma di coinvolgere emotivamente il pubblico come accade nel mondo dell’informazione odierna perché è questo che vende di più»; poi, prosegue Ernesta Argira di Profili Artistici, «dopo una settimana che il pubblico riceve notizie verrà mandata sul canale Youtube la trasmissione che non sarà in diretta e rimarrà online per un po’ di tempo. Ci sarà un’ulteriore settimana dove il pubblico potrà dire la sua verità sul caso, tramite mail o whatsapp o sulla pagina Facebook, poi pubblicheremo le varie opinioni del pubblico e infine sveleremo cosa è accaduto davvero con l’evento rivelatorio finale che avverrà sul canale Youtube.»

Il lavoro indaga le dinamiche della manipolazione, ovvero le modalità con cui i mass media, in questo caso quelli dell’informazione, costruiscono le notizie giocando spesso sull’emotività dei pubblici in linea con quella che oggi viene definita la post-verità. La compagnia decostruisce il modello della comunicazione mass mediale utilizzando gli stessi canali dove questa manipolazione accade, e facendo dello spettatore un partecipante consapevole.

Superare la frammentarietà della fruizione digitale: per una responsabilizzazione dello spettatore

La maggior parte dei progetti non ha richiesto la prenotazione o il pagamento per la fruizione mentre solo alcuni, sia forzati dal tipo di progetto, sia per una scelta implicata dal non avere quella visualizzazione casuale e frammentaria che contraddistingue la fruizione online, hanno optato per un biglietto minimo che andava dai 3 ai 5 euro. Così è stato per Lingua Ignota_Digital Reload di Lisi/Bragaglia/Cardarelli e Simona Lisi ha raccontato: «abbiamo deciso di fare un piccolo biglietto perché non volevo che le persone vedessero il lavoro di sfuggita, ma che fosse un pubblico scelto e che ci seguisse fino alla fine: 260 persone hanno visto lo spettacolo prima che fosse chiuso il link.»

Medesima la scelta di Alessia Racci Chini che con la sua compagnia, il collettivo CDC Delirio creativo, ha optato per un biglietto simbolico di 3 euro perché «l’evento free non ci interessava perché vogliamo responsabilizzare chi si mette davanti al video, che venga lì non di passaggio quindi il biglietto era un gesto di responsabilità da entrambe le parti. Noi non avevamo aspettative rispetto al numero di spettatori, abbiamo venduto 85 biglietti ma da subito le visualizzazioni erano di più, quindi il link è stato fatto girare e questo un po’ ha inficiato sullo spettacolo perché quegli spettatori senza biglietto non hanno vissuto tutte le fasi del percorso, hanno schivato le regole d’ingaggio e hanno partecipato a un evento mozzato.» Il lavoro infatti, come è accaduto per la maggior parte delle iniziative di MPA, prevedeva un ingaggio prima dell’evento e una mail subito dopo di chiusura.

Ma come hanno risposto i pubblici a queste iniziative considerando che il digitale offre una platea sterminata di stimoli e che, come ha evidenziato l’attore e regista Giacomo Lilliù, «quelle piattaforme sulle quali gli artisti hanno trovato uno spazio di sperimentazione offrono una quantità di prodotti tale che la competizione è altissima»? Dai primi resoconti emerge una grande partecipazione degli spettatori che, grazie alla più ampia diffusione che il digitale permette, si sono connessi agli eventi oltrepassando il territorio marchigiano e andando ben oltre i confini nazionali, come raccontano gli artisti durante i focus group citando i primi dati (visualizzazioni, ecc.) raccolti sui loro canali. L’online ha dato «la possibilità alle comunità italiane all’estero di vederci ed è stata una cosa preziosa», ha evidenziato l’attrice Roberta Biagiarelli che con il suo Il magazzino dell’attrice ha intercettato molte visualizzazioni in primis dai Balcani, luogo con il quale da anni è in dialogo. Così è stato anche per progetti come Caos Live di dj Asco che, grazie alla costruzione di un concept che ha reso teatrale l’evento e alla modalità di diffusione su canali che solitamente non sono dedicati a questo genere di iniziative, ha intercettato la fruizione di un pubblico diverso che solitamente non segue i dj set e, come racconta il dj «l’evento ha raggiunto 40.000 visualizzazioni durante la diretta e ad ora siamo a 90.000».

Altro caso singolare è Mukashi Mukashi, il progetto su Telegram del Collettivo Vibrisse: l’iniziativa oltre a coinvolgere il pubblico che solitamente segue il loro lavoro ha intercettato anche altre persone del loro contorno che normalmente non vanno a teatro e le autrici fanno emergere che «grazie alla multidisciplinarietà del nostro lavoro abbiamo intercettato l’appassionato di Giappone, di animazione ma non crediamo che poi queste persone andranno a teatro».

Non sembra quindi che, come anche altri degli artisti incontrati evidenziano, ora che i teatri sono riaperti o sono in previsione di farlo si troveranno invasi dai nuovi pubblici che queste iniziative sembrano aver intercettato; anzi può essere più vero il contrario, e cioè che questi pubblici continueranno a fruire di questa tipologia di interventi artistici, e proprio per questo sarà sempre più necessario osservare questo pubblico in stretta relazione all’ulteriore sviluppo creativo che avranno queste iniziative. L’ambiente digitale, come ha sottolineato anche Alice Toccacieli durante uno dei focus group, «non è uno spazio altro ma è un’ulteriore sfaccettatura della realtà in cui si è immersi» e queste sperimentazioni sceniche online stanno facendo emergere come nuove forme di consumo culturale intercettino un pubblico sempre più interconnesso, partecipativo e creativo.

Francesca Giuliani – Redazione NEOff

 

 

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