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OPEN SEA ^QUESTIONS^ ——-> Anagoor

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«Ciò che ci sta a cuore è di operare, con una sorta di in-canto, l’attivazione dei processi del ricordo attorno ad antiche odiose abitudini secondo le quali, nelle forme della caccia, alcuni uomini si sono fatti predatori di altri uomini e, ancora nel XX secolo, hanno intriso il suolo d’Europa del sangue di milioni di persone: tanto il suo cuore civile, quanto le sue vaste e bellissime foreste, fino ai suoi estremi confini montuosi.»

Parte proprio da qui lo spettacolo L.I. Lingua Imperii di Anagoor: per la prima volta nelle Marche – in occasione del Festival Open Sea di S. Benedetto –, la compagnia teatrale di Castelfranco Veneto regala momenti di riflessione di altissimo livello, andando a toccare tematiche scomode ma di necessaria memoria. Attraverso video, canti, gesti e lamentazioni che trattano di vittime della Shoah, sacrifici arcaici, prevaricazioni dittatoriali che strumentalizzano la lingua dei popoli, avvengono delle dilatazioni temporali e al tempo stesso delle aperture in cui lo spettatore può inserire il proprio pensiero, ritrovandosi in una condizione di intimità, a faccia a faccia con se stesso e di fronte al buio dell’umanità.

Abbiamo incontrato la compagnia e le abbiamo rivolto le OPEN SEA ^QUESTIONS^…

#1 Anagoor in una frase

Paola Dallan: Anagoor: chi veramente la cerca, la trova e forse vi entra; Dino Buzzati docet

#2 Come definireste il vostro spettacolo?

Simone Derai: Pensato come un canto a qualcuno e per qualcuno
Paola Dallan: Per me è uno specchio molto sincero in cui vedi il bene e il male; è una grande occasione. Noi dobbiamo riconoscere che siamo anche questo, siamo la bambina che scrive a suo padre… Siamo anche questo.

#3 Da che cosa siete partiti e dove state andando?

Moreno Callegari: Partiamo dall’umano per tendere all’umano, nel senso che ciò che ci interessa di più è l’uomo in tutta la sua complessità e in tutte le sue sfaccettature, nel suo dolore, nelle sue gioie, nelle sue elaborazioni artistiche e non; per cui sì, credo sia l’uomo ciò da cui partiamo e ciò a cui tendiamo.

#4 Cosa sperate che il pubblico si porti con sé dopo lo spettacolo?

Paola Dallan: Per me la risposta è sempre la stessa: l’idea di aver speso bene il proprio tempo, se così non accade è tutto inutile. Poi ognuno si porterà a casa inevitabilmente ciò con cui avrà vibrato di più perché questo spettacolo viaggia su moltissimi livelli. Di qui l’idea dello specchio: consente a tutti di guardare dentro e di trovare ciò che cerca, ciò che in questo momento è per lui una domanda o per lei un’emozione.

 

 

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