Oltre la scena. Incontro con Placido e la compagnia di Re Lear
A noi spetta di assumere il fardello di questi tempi grami, dire ciò che si prova, non quello che si deve. Sono stati i più vecchi a sopportare i pesi più gravosi; a noi giovani non sarà mai dato di vedere, né vivere, altrettanto.
Racchiude una verità cruda e attuale la frase pronunciata dal giovane Edgar nel celebre King Lear di Shakespeare; una frase che assume in sé anche la consapevolezza dei propri limiti e di una vera e propria precarietà e sfiducia nei confronti del futuro. Il genio inglese scriveva le sue parole nel Seicento, ma sembra essere a noi contemporaneo (lo era ieri e lo è ancora oggi): perché parla di noi, dell’uomo, del suo vissuto, delle sue speranze, del suo essere.
Tanti giovani popolano questa tragedia shakespeariana; e sono tanti i giovani attori che hanno preso parte all’allestimento di Re Lear diretto da Michele Placido e Francesco Manetti, andato in scena al Teatro Rossini di Pesaro dopo una residenza di riallestimento che li ha visti soggiornare nella provincia marchigiana per più di una settimana.
La compagnia, guidata da un vero e proprio mattatore di teatro e di cinema come Michele Placido, ha aperto a Pesaro un ciclo di incontri dal titolo Oltre la scena dedicato ai protagonisti che calcano le assi del palcoscenico del Teatro Rossini. Cordiali e disponibili gli attori si sono messi a disposizione del pubblico rispondendo a domande e curiosità, ma soprattutto regalando un vero e proprio approfondimento sui personaggi nati dalla penna di Shakespeare, entrando dettagliatamente nell’interpretazione e nella costruzione degli stessi.
Placido ha più volte ribadito come tutti i personaggi in qualche modo “si rompano”: ossia le strade che percorrono e intraprendono sono metafora di rottura e divisione. Per esempio le due figlie di Lear, Goneril e Regan sfoggiano una torbidezza che le fa giungere progressivamente – figurativamente e letteralmente – al nero della morte; Lear è “un uomo diviso e che non riesce a essere buono, forse portato dalla natura a reagire in modo malvagio”. Placido ha sostenuto che “l’uomo non impara mai, la storia è una continua carneficina, tanto che Lear stesso arriva al suicidio mentale”. Gli attori hanno sottolineato come solo il personaggio di Cordelia rappresenti un’etica nuova che si affaccia, perché è una donna che sceglie il marito e non la propria famiglia: è vera, leale e contemporanea; allo stesso tempo è lei a incarnare il tema religioso insito in Re Lear intonando la canzone Corpus Christi Carol di Jeff Buckley. Verità, lealtà e religione portano a un connubio insito in Cordelia.
L’incontro, svoltosi in Sala della Repubblica all’interno del Teatro Rossini, è stato animato da due giovani studentesse del progetto Scuola di Platea che, dopo aver letto il testo e visto lo spettacolo, hanno esposto le loro impressioni. Sono emersi importanti e interessanti risvolti – la figura di Kent, l’importanza della traduzione, le scelte dei tagli sul testo, il focus su alcuni personaggi piuttosto che su altri – che hanno stimolato l’incontro ancora di più. Placido ha espresso anche la sua soddisfazione nel vedere dei giovani a teatro così partecipativi e curiosi, sottolineando come questi incontri siano preziosi non solo per il pubblico, ma anche per la compagnia stessa che in questo modo può avere un confronto diretto con gli spettatori, da cui poi potrà trarre benefici.
È stato l’attore a chiudere l’incontro dicendo che il pessimismo shakespeariano in Re Lear è sempre attuale ma il personaggio di Edgar porta la speranza. Una speranza che qui a Pesaro si riflette nei giovani che frequentano il teatro e ne traggono degli insegnamenti necessari e utili ad affrontare la vita al meglio.
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