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Daniele Ninarello con “Pastorale” a Civitanova Marche: un’intervista

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Pensavo che se fossi arrivato al tessuto che ci costituiva, sarei stato contemporaneamente ciò che lo manteneva, lo nutriva, l’animava.
Philippe Sollers

A fine 2019 il coreografo Daniele Ninarello ha abitato il Teatro Annibal Caro e la foresteria Imperatrice Eugenia di Civitanova Marche per ultimare il suo nuovo lavoro Pastorale.
Grazie a Civitanova casa della Danza, progetto di residenza ideato e realizzato da AMAT, finanziato da MiBACT e Regione Marche, Ninarello e i suoi danzatori Vera Borghini, Zoé Bernbéu, Lorenzo Covello, Francesca Dibiase hanno potuto concentrarsi, studiare e provare sulle assi del palcoscenico a dar vita a un’opera nuova in cui il tempo scompare per lasciare un puro movimento di corpi, spazio e musica.
Durante la residenza abbiamo intervistato il coreografo per farci raccontare il progetto e l’esperienza vissuta a Civitanova Marche.

Questa mia nuova creazione coreografica nasce dal desiderio di affrontare il tema della riunificazione, la nostalgia dell’unisono. La prima suggestione arriva dalla visione di Pastorale (Rhythm), di Paul Klee. Pastorale è il terzo lavoro di un ciclo di quattro rituali coreografici esperienziali concepiti a partire dalla creazione di pratiche anatomiche che si dispiegano nel comporre la dimensione spaziale e coreografica del rituale.
Durante le varie fasi di ricerca Pastorale prende spunto da un aforisma del compositore americano Moondog: “Non ho intenzione di morire in 4/4!” Il mio interesse a lavorare con la sua musica nasce dal desiderio di esplorare l’universo che l’ha generata, caratterizzata da quello che lui definiva “Snaketime” un ritmo scivoloso. Un altro incontro fondamentale per questo lavoro è stato il testo Numeri di Philippe Sollers, composto da cento capitoletti numerati in serie di quattro, che narra il nostro esistere su questa terra come un costante inseguimento, un costante derivare l’uno dall’altro.
In Pastorale, la coreografia vuole essere l’accorgimento creato per emergere da sé e accedere all’altrove, per unirsi al fuori e all’altro che è prossimo a noi. Si punta a cercare una continua accordatura, una catena ritmata, una salda alleanza tra corpi che generano una danza che si dipana come un moto perpetuo; come se la mente corporea vivesse costantemente in allerta, attenta a tutti i suoni, ai ritmi da cogliere e ordinare. In questo modo, essa può accedere a un sistema in grado di intonare il proprio corpo a un ritmo universale. Questa pratica sarà una risorsa per creare uno spazio emotivo in cui esplorare la fragilità di questo legame, e i rischi associati alla sua perdita.
Attraverso la composizione coreografica, l’obiettivo è quello di creare un processo mantrico che permetta a ogni performer di avvicinarsi gradualmente e allinearsi con il collettivo. Nella continua accordatura tra i corpi è possibile intravedere la nascita di una mente collettiva che ridistribuisce costantemente i corpi e gli eventi, un rituale cui affidarsi, nel tentativo di cogliere e cavalcare quell’intangibile empatia e sintonia che esiste tra loro, capace di trasportarli attraverso una nuova apertura di luce, via di fuga per raggiungere quell’altrove che è puro stato di grazia.
In particolare, il lavoro si sviluppa attraverso la creazione di un sistema di segni, a disposizione dei danzatori come strumenti con cui allinearsi gradualmente l’uno con l’altro. Questi segni nascono da una costante descrizione percettiva delle dinamiche che li circondano nel percorrere la matrice coreografica che li produce costantemente.
I segni emergono come descrizione di natura percettiva delle dinamiche circostanti in cui una matrice coreografica produce costantemente variazioni di ritmo e di spazio.
Così i movimenti di un corpo generano risonanze in quelli vicini, come una serie di onde concentriche in espansione, che gradualmente si rafforzano a vicenda nel tentativo di afferrarsi, raggiungersi per non perdersi. Una riflessione quindi, sul senso di cooperazione nella contemporaneità, sulla necessità di tornare a un processo inclusivo e di ascolto reciproco. Sulla cura costante verso questo funzionamento che ci svela inscritti gli uni negli altri.
Daniele Ninarello

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