Civitanova Danza Focus 20 luglio: un incontro con Virgilio Sieni
Il Festival di Civitanova Danza quest’anno ha visto per la sua ventesima edizione tanti protagonisti della scena mondiale della danza. Alcuni hanno incontrato il pubblico per parlare del sistema danza, di come un giovane può emergere in questo settore o come può comunicare il proprio lavoro all’esterno. Tra tutti, riportiamo qui il pensiero e l’intervento di Virgilio Sieni, nuovo direttore della Biennale Danza di Venezia.
Secondo il coreografo toscano non esiste una formula politico-culturale unica. La cultura non mette radici; la danza non ha patria, ha origini embrionali che ovviamente non sono uguali per tutti.
«Non abbiamo un’identità, siamo in divenire. Il nostro gesticolare è una sorta di sbriciolamento dovuto ai dettagli; sono questi dettagli che danno spessore a uno stile che quindi a sua volta non è omologabile».
Il nostro corpo si costruisce attraverso dei dettagli e dobbiamo mantenere quella che Sieni definisce fessurizzazione spirituale: è come se fossimo all’interno di un recinto e trovassimo delle piccole fessure e il nostro compito è quello di aprirle.
Ma il coreografo si chiede: perché si inizia a fare danza? Esistono dei luoghi chiamati laboratori, botteghe: sono le scuole. Bisogna scegliere con chi studiare, trovare un posizionamento per preservare il proprio percorso, creando dei tavoli di discussione e lavorando sulla presenza. Esistono dei luoghi già predisposti per vocazione a questo: vanno individuati i maestri che devono avere propensione all’insegnamento e soprattutto bisogna ricordarsi che non si deve essere obbligatoriamente artisti per insegnare.
Il direttore della Biennale, reduce dall’esperienza Abitare i luoghi di Venezia, chiude il suo intervento spiegando che «danzare con lo sguardo è danzare con il corpo: lo sguardo dello spettatore muove il danzatore. Se la quotidianità mi fa stare in una determinata postura, la danza mi fa scoprire nuove posture, fornendomi una costellazione di gesti».
L’arte porta l’individuo verso l’altro: se si producesse solo in caso di sovvenzione si farebbe arte solo a scopo commerciale… e si perderebbe “l’arte come atto politico”: dopo di tutto la nascita dell’arte stessa è un atto politico!
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