II anno di Scuola di Visioni del Contemporaneo
Il secondo anno di Scuola di Visioni del Contemporaneo è arrivato al termine. Sabato 14 settembre al Teatro Gentile di Fabriano e sabato 21, dello stesso mese, al Teatro Lauro Rossi di Macerata si potranno vedere i frutti di un intero anno di incontri, riflessioni, lezioni teoriche e pratiche sui linguaggi creativi contemporanei. Dopo aver esplorato le diverse grammatiche di ricerca con gli insegnanti Federico Bomba e Andrea Fazzini (teatro e performance), Sabrina Maggiori (arte pubblica), Stefano Sasso (paesaggio sonoro) e Alessia Tripaldi (scrittura), i partecipanti hanno creato una propria opera – installativa o performativa – pronta per essere mostrata al pubblico.
Non è semplice dire che cosa è stata la Scuola: come la definiscono gli stessi insegnanti – tutti provenienti da ambiti artistici sperimentali – è una «scuola di pensiero e di azioni, che nasce con l’obiettivo di mettersi in ascolto del proprio tempo per creare occasioni di trasformazione nel rapporto con l’ambiente e con gli altri». Un percorso formativo, una strada attraversata con un occhio vigile e sempre stimolato a guardare ciò che ci circonda da altre prospettive; un modo per affinare lo sguardo, per conoscere l’arte più da vicino, per capire che influenze può avere sul proprio territorio, sulla comunità di appartenenza, su se stessi.
Secondo anno, dicevamo. Per sapere che cosa è successo durante il primo c’è un video curatissimo che lo racconta. Quest’anno i partecipanti sono stati spinti a una partecipazione più attiva, mettendosi ulteriormente in discussione, ma non solo; hanno potuto approfondire alcuni concetti – come quello di poetica, contemporaneo e ruolo dell’artista – che avevano precedentemente sfiorato, ma su cui non si erano troppo soffermati, essendo alla prima esperienza di “visioni del contemporaneo”, come ci suggerisce Tommaso, iscritto alla scuola. Difatti la maggior parte dei ragazzi che hanno partecipato al progetto non sono propriamente “addetti ai lavori”: alcuni hanno una formazione performativa o artistica, altri però provengono da diversi settori di studio/lavoro; ciò che li accomuna è l’aver sviluppato una sensibilità e una curiosità che li spinge a cercare, sperimentare, a «trovarsi – come ci ha riferito Lisa, una delle partecipanti – da un’altra parte, ancora diversa».
Continuare a frequentare la scuola per un secondo anno è già una necessità che dimostra come nel primo sia accaduto qualcosa di importante; abbiamo chiesto ad alcuni partecipanti che cosa li spingesse a “tornare a scuola” e ne è emerso un misto di affetto, voglia di mettersi in gioco personale o di coltivare una consapevolezza artistica maturata durante il primo anno: «c’è un senso di continuità e la possibilità di mettermi nuovamente alla prova su un lavoro personale – spiega Carla –, ma c’è anche l’aspetto umano, il piacere di continuare a rafforzare i legami di amicizia stretti l’anno precedente». Perché, come ci dice Giorgio «frequentare la Scuola del contemporaneo è stato mettere a nudo le mie passioni, competenze, dubbi, incertezze verso un confronto diretto con gli altri. Il gruppo provoca dibattito, apre scenari interessanti, condivisioni, riflessioni e creazioni».
Se nel primo anno è stato affrontato il tema dell’Io e dell’autoritratto in relazione al luogo con cui i ragazzi sono entrati in contatto, nel secondo anno si è fatto un ulteriore step: si è indagata la propria “urgenza”, la propria necessità, quella che il filosofo Georges Didi-Huberman chiama hantise, ossessione. Lavorando a stretto contatto con gli artisti/insegnanti, i partecipanti sono stati incoraggiati a comprendere quale fosse la ricerca soggettiva che più li interessava, rispondendo alla domanda “Che cosa abiti con assiduità? Qual è la tua hantise?” Dopo le lezioni teoriche che sono servite come stimolo e approfondimento, i ragazzi hanno costruito ognuno il proprio percorso, sviluppando e creando un’installazione o una performance pensata ad hoc per gli spazi dei Teatri di Fabriano e Macerata.
«Ho trovato fondamentale indagare le domande che sono nate in me dopo questi incontri: cosa significa abitare dentro se stessi e fuori da sé? Come ridare significato al concetto stesso di comunità? – spiega Giulia, altra partecipante alla scuola – Visitando il teatro ho sentito che può essere uno spazio, un pretesto dove potere esprimere le nostre necessità creando una piccola comunità, quell’attimo effimero che può dare o suscitare un’emozione. Mi sono accorta che non ero l’unica ad avere bisogno di ‘riabitare’ lo spazio del teatro creandone una nuova mappa emozionale».
Sabato 14 e 21 settembre si potranno vedere le installazioni e le performance – chiamate “agguati” – a cui i partecipanti sono giunti dopo due anni di un processo in continua trasformazione; ma si potranno anche vedere i teatri di Fabriano e Macerata a partire da punti di vista insoliti, altri, sorprendenti.
Scuola di Visioni del Contemporaneo è un progetto Sineglossa in collaborazione con Teatro Rebis, sostenuto da Amat. Il progetto si avvale del cofinanziamento della Regione Marche – Assessorato alle Politiche Giovanili
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