SCUOLA DI PLATEA: dalla parte dei “Prof”
Conclusosi l’anno scolastico, abbiamo intervistato gli insegnanti di Scuola di Platea, il progetto di AMAT che coinvolge le scuole superiori: gli studenti vengono portati a teatro dopo aver partecipato a una lezione propedeutica alla visione e post-spettacolo incontrano la compagnia. Abbiamo chiesto loro che cosa significa essere un giovane prof e ci siamo fatti raccontare alcuni aneddoti… Buona lettura!
Nome, Cognome, età
Francesca Berardi 25
Vittorio Lauri 19
Francesca Londei 23
Arianna Salvatori 23
Da quanto tempo collabori con Scuola di Platea?
Francesca B. / Francesca L. / Arianna: due anni
Vittorio: da febbraio 2012
Sei stato uno studente di Scuola di Platea? Se sì: pro e contro delle due facce, essere allievo vs essere prof.
Vittorio: Partecipare al progetto è stato fantastico. Direi l’esperienza extra-scolastica più proficua che ho svolto al liceo. Uno dei punti di forza penso siano gli incontri con le compagnie teatrali dopo gli spettacoli. È un’occasione difficile da trovare altrove: i ragazzi hanno la possibilità di dialogare e confrontarsi direttamente con gli attori; un privilegio da sfruttare il più possibile. Poi magari anche le compagnie stesse rimangono colpite dalle impressioni degli studenti e possono uscirne arricchite (sia chiaro, prendono pure delle gran bastonate, mica solo complimenti). Ricordo con immenso piacere moltissimi incontri e anche le domande fatte. È grazie a Scuola di Platea che mi sono avvicinato al teatro. Come potevo, da partecipante entusiasta, non accettare la proposta di collaborare in prima persona con il progetto? Mi sembra una interessante sfida portare ai ragazzi quello che altri, appena uno o due anni fa, hanno portato a me.
La prima volta che sei entrato in classe per fare lezione: particolari e impressioni
Francesca B.: Il mio stupore davanti a dei volti curiosi.
Vittorio: La prima lezione è stata al Liceo Scientifico ‘Marconi’ di Pesaro. Shakespeare, Racconto d’inverno. Mi ero preparato una semplice scaletta di argomenti da trattare, volevo far passare, oltre a qualcosa della trama, soprattutto che testi particolarmente impegnativi possono avere infinite interpretazioni e che tendenzialmente non ci sono letture giuste o sbagliate. In particolare ho avuto la sensazione che mi stessero ascoltando. Non male, vero?
Francesca L.: Ovviamente agitatissima, più l’aggravante di una classe di soli maschi… che si sa, per una che ha fatto anni ed anni di Lingue con compagne esclusivamente femmine può essere sconvolgente. Passato il primo scoglio e il timore di essere considerata come una di quelle noiosissime persone che vengono a sostenere conferenze su non si sa cosa, tutto perfetto. In realtà ho scoperto che oltre a starmi ad ascoltare, i ragazzi delle superiori sono degli interlocutori splendidi, brillanti e hanno molto da insegnare.
Arianna: Ero molto tesa ed emozionata. Ho cominciato a parlare di Sogno di una Notte di Mezza Estate di Shakespeare ma mi sembrava di cogliere continui (probabilmente inesistenti) sguardi di disapprovazione e soprattutto di noia negli occhi dei ragazzi. Così mi sono ulteriormente agitata e ho esaurito tutto quello che avevo programmato di dire in mezz’ora.
La lezione che hai preferito in assoluto
Francesca B.: Lezione propedeutica a Lev di Muta Imago. Liceo Artistico di Fermo. Seduti per terra in cerchio a commuoverci per uno spettacolo senza parole.
Vittorio: In una classe del Liceo Classico di Recanati sul Ventaglio di Goldoni. Era il compleanno di una ragazza (diciott’anni), c’era un clima disteso e ilare. Ho tralasciato tematiche troppo concettuali e ho allungato la fase di lettura del testo. Hanno riso moltissimo guardando recitare i passi goldoniani ai propri compagni. Dulcis in fundo sono stati conquistati dal rock anni settanta. Una lezione genuina.
Francesca L.: Probabilmente quelle su il Furioso Orlando per la regia di Marco Baliani. È subentrata la curiosità di capire come un regista avrebbe potuto mettere in scena uno dei capisaldi della letteratura italiana e da lì è stato ogni momento più appassionante dell’altro!
Arianna: La lezione su Coppelia. Essendo la danza una mia grande passione l’opportunità di poterne parlare e di poter presentare il mondo della danza ai ragazzi mi ha particolarmente stimolato.
Uscendo dalla classe e rivedendo nella tua mente i visi degli studenti, che sensazioni hai provato?
Francesca B.: La speranza che qualcosa in quei volti fosse cambiato. Il desiderio di scoprire se qualche parola li avesse sfiorati.
Francesca L.: Soddisfazione. Credo che ciò che sia importante sia far scattare in loro quella curiosità che li porti poi da soli a intraprendere la strada del teatro, non per forza come teatranti ma anche come spettatori appassionati. Purtroppo hanno spesso il pregiudizio che il teatro sia qualcosa di polveroso e noioso, quindi credo che abbiano bisogno di essere sbloccati in questo senso. E una volta sbloccati, una volta che hanno provato la magia del teatro, vi assicuro che ne rimangono affascinati.
Ti è capitato che una lezione prendesse una piega che non ti saresti aspettato? Risultato?
Francesca B.: Sempre! Gli incontri sono imprevedibili e il risultato di solito è qualcosa di sorprendentemente stimolante.
Vittorio: Al classico di Recanati, prima lezione della giornata. Ero preparato: inquadramento storico, riforma goldoniana, situazione teatrale in Francia, soggiorno di Goldoni a Parigi. O meglio, pensavo di essere preparato. Nella classe dove capito un ragazzo piano piano interviene, così capisco in tempo che era ferrato sull’argomento. Allora cerco il più possibile di farlo parlare e familiarizziamo. Scherziamo sul compito di matematica fatto l’ora prima. Di mio ci metto tutto quello che non era nozionistica. La musica, i collegamenti tematici. Penso che dovremmo cercare di essere complementari con gli studenti. La nostra testimonianza può essere forte e significativa se portiamo nelle lezioni quello che siamo: i libri letti, i viaggi in treno o in macchina per arrivare, gli spettacoli o i concerti visti, i cd ascoltati. E anche quello che non siamo, cioè professori con il lume della conoscenza dentro. In modo da trovare classi con ragazzi meglio preparati di noi a cui diamo e da cui prendiamo qualcosa.
Strategie utilizzate per coinvolgere gli studenti
Francesca B.: Guardarli negli occhi, chiamarli per nome. Parlare a loro, di loro e per loro. Ascoltare.
Vittorio: Far ascoltare delle canzoni della colonna sonora di uno spettacolo raccontando anche degli aneddoti a riguardo. Non dare risposte ma andare avanti per ipotesi chiedendo la loro opinione. Far recitare poi dei brani tratti dal testo può a volte aiutare i ragazzi a entrare nell’atmosfera dello spettacolo e crea maggiore aspettativa per quando la stessa parte sarà detta dagli attori sul palco. Più o meno l’idea di fondo è che i seminari possano servire per spaziare, fare collegamenti, associare e confrontare esperienze artistiche diverse, immaginando cosa possa unire Goldoni a Lou Reed e Amy Winehouse, Truffaut a Shakespeare. Lanciando spunti a cui ognuno possa dare, nel tempo, la propria risposta.
Francesca L.: Prima di tutto cerco un tipo di linguaggio, di esempi, di confronto con la loro realtà. Nel senso che originalmente credevo di essere un po’ come loro, addirittura di appartenere alla stessa generazione e invece ma pian piano ho scoperto che in realtà 5 anni di differenza possono essere un abisso e molte delle cose che per te sono scontate per loro non lo sono (esempio banalissimo: alla mia convintissima affermazione “Il protagonista dello spettacolo è Stefano Accorsi” loro rimangono a bocca aperta e mi chiedono tutti stupiti “Chi è Stefano Accorsi?”). Per il resto uno degli elementi che forse più fra tutti mi ha permesso di catturare la loro attenzione è il mezzo visivo: le immagini permettono di capire meglio ciò che si trova alla base dello spettacolo.
Arianna: Quando posso cerco di trasformare in domande quelle che altrimenti risulterebbero nozioni un po’ ‘sterili’. Se possibile ricerco anche un modo di associare una riflessione a ‘forme d’arte’ diverse dal teatro che in qualche modo possono collegarsi all’argomento di cui si parla e possono fornire un supporto (es.. quadri, canzoni). Inoltre faccio molto usa della lavagna, poiché mi sono accorta durante le lezioni che accompagnare visivamente (ovviamente in maniera più che schematica) quanto detto oralmente raddoppia l’effetto delle proprie parole.
L’osservazione / riflessione di uno studente che più ti ha colpito
Francesca B.: A Fermo, Liceo Classico, durante una lezione due ragazzi hanno provato a comunicare il loro stato d’animo senza parlare. È stato semplicemente meraviglioso.
Francesca L: Credo un’osservazione fatta da un ragazzo sull’idea del “diverso” partita da un sonetto di Shakespeare. Ho sempre pensato a solo una faccia della diversità: quella per cui essere diverso implica non essere accettati, a ricercare di omologarsi. E invece mi sono stati aperti gli occhi di fronte al fatto che oggi ci sia da parte dei ragazzi proprio una volontà di essere diversi, una volontà di distinguersi dagli altri, una sorta di ribellione e quindi un concetto di diversità che da negativo quale viene normalmente concepito, oggi si sia trasformato in positivo, magari proprio per l’età particolare in cui si trovano.
Arianna: Durante una lezione in cui si parlava de La bottega del caffè, quando ho iniziato a parlare di Goldoni e della sua riforma del teatro un ragazzo mi ha chiesto: «Ma praticamente Goldoni era il Monti del teatro?». Da lì è spontaneamente partito tutto un parallelo tra teatro-vita-politica moderna, che sicuramente mai mi sarei aspettata e che ha coinvolto tutti i ragazzi con grande entusiasmo.
Curiosità e confessioni: aspettative attese / riscontri da parte degli studenti negli incontri post-spettacolo con le compagnie
Francesca B.: È bello notare la naturalezza e la spontaneità con la quale si rapportano agli artisti e la curiosità nel capire come nasce e cresce un progetto.
Una frase o una parola per descrivere Scuola di Platea
Francesca B.: Elettricità
Francesca L: Educativo (non solo per i ragazzi!)
Arianna: Uno stimolo che si rinnova costantemente.
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