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OPEN SEA ^QUESTIONS^ ——-> Tindaro Granata

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Un teatro di narrazione, una sedia, un solo attore. In Antropolaroid una dozzina di personaggi si susseguono e vengono fotografati in momenti salienti della loro vita o nei propri tratti caratteristici: provengono da generazioni diverse ma appartengono tutti a una stessa famiglia, quella di Tindaro Granata, autore, attore e regista, ma anche protagonista della sua stessa storia. Solo sulla scena, il giovane siciliano dà vita ai suoi bisnonni, nonni e genitori, ricostruendo il suo albero genealogico e animandolo, in una fotografia che diventa al tempo stesso un’analisi antropologica della propria provenienza; servendosi di una struttura drammaturgica ben definita, mai scontata e costruita intorno a continui flashback, Granata sembra aprire continuamente cassetti di ricordi affascinanti e coinvolgenti, narrando una storia quasi cinematografica, ma che in realtà è davvero quella della sua vita.

Antropolaroid, spettacolo che ha ricevuto nel 2011 il Premio dell’Associazione Nazionale dei Critici Teatrali, è andato in scena a San Benedetto del Tronto in occasione del Festival OPEN SEA 2012: abbiamo incontrato Tindaro Granata e gli abbiamo rivolto le OPEN SEA ^QUESTIONS^…

#1 Tindaro Granata in una frase

In questo momento mi sento un amante: mi sento di amare qualsiasi cosa. Credo che dipenda dal fatto che sono molto contento di quello che mi sta capitando intorno, dell’attenzione che sta avendo il mio lavoro; anche per il fatto che mi sento realizzato da certi punti di vista, o comunque, attraverso il mio lavoro, sto cercando di colmare quelli che sono i vuoti che mi rendono infelice.

#2 Come definiresti il tuo spettacolo?

Lo spettacolo è la storia della mia famiglia; la memoria storica parte dalle origini, dai miei bisnonni, da persone di cui ho sempre sentito parlare sin da bambino.
Sono partito dalla Sicilia a 19 anni e in questi 19 anni loro mi hanno formato, mi hanno dato un imprinting alla vita e al mondo molto forte. I miei genitori e i miei nonni mi hanno insegnato a lottare per essere migliori di quello che si è in tutti i sensi, sia economicamente, sia come persona – in fondo è un po’ la caratteristica di tutte le persone che nascono in delle condizioni disagiate, e quindi come noi siciliani che per natura siamo isolani e isolati: il nostro sogno è vivere una vita più agiata di quella che abbiamo rispetto a quando nasciamo. Mio nonno in particolar modo mi ha inculcato il desiderio della giustizia: nonostante fosse un contadino aveva un modo di vivere di un sapiente, di un saggio.
Son passati 14 anni da quando ho lasciato la Sicilia e negli anni ho elaborato tutto quello che loro mi hanno insegnato e tutto quello che ho vissuto.
Lo spettacolo è, per me, necessario perché avevo bisogno di recuperare una memoria storica che mi è stata tramandata e poi è una forma di ringraziamento nei confronti delle persone che mi hanno cresciuto ma anche della terra che mi ha partorito (una terra che amavo alla follia, ma di cui ho notato le cose negative col tempo, una volta partito). Inoltre devo dire che è divertente: ogni volta che metto in scena Antropolaroid vivo tutti quei personaggi e scopro di volta in volta qualche cosina di mio, di qualcosa del mio modo di fare.

#3 Mi hai appena detto da che cosa sei partito… Dove stai andando?

Sto andando alla ricerca di qualcosa di diverso di volta in volta con Antropolaroid. Poi questo rappresenta lo spettacolo di inizio, ho già altri progetti e questo tipo di lavoro è stato, rispetto a ciò che facevo prima, una sorta di rottura. Sono autodidatta, però lo stile di espressione che ho elaborato in questi anni, lavorando con altra gente, a un certo punto non mi è bastato più; quindi ho avuto la necessità di dover parlare e di dover comunicare così, proprio come potrei comunicare io. Ho un obiettivo assoluto: sicuramente lavorare, guadagnare per stare bene… Ma l’obiettivo forse principale è assolutamente arrivare al pubblico, stabilire un ponte di collegamento e aprire un mondo a chi sta seduto e guarda lo spettacolo. Questo è il cuore di questo mestiere e della vita dell’artista e sto cercando di capire come fare, come riuscire ad aprire una porta… Quando tu riesci a fare una cosa del genere poi quello che ti torna indietro è enorme. Dico sempre che quello che il pubblico dà a me è molto più forte e più grande di quello che io do al pubblico. Facendo 10 / 15 personaggi che parlano tra di loro, io do in ogni caso al pubblico una finzione e loro la percepiscono come realtà; poi quando ci sono gli applausi o quando alcuni mi vengono a parlare dopo lo spettacolo si instaura un collegamento tra di noi e ciò che mi restituiscono le persone è più “vero” di quello che io ho dato a loro.

#4 Stai costruendo la mia intervista… Cosa speri che il pubblico si porti con sé dopo lo spettacolo?

Io son cresciuto in Sicilia dove non esisteva la cultura teatrale: avevamo però una videoteca dove c’erano tutti i film del neorealismo italiano e mi sono visto tutto, Germi, De Sica, Rossellini, Monicelli, il primo Visconti, e poi Fellini. Per me loro sono stati i miei maestri.
Ti faccio un esempio/citazione, perché nella mia mente c’è tutto quel mondo lì: in un momento dello spettacolo mia nonna litiga con mio nonno, si siede e dice «come siamo arrivati a questa storia Tindaro, non mi so capacitare… Ci manca pure che qualche volta ci bussano e ci fanno l’elemosina e ci portano la pasta e il pane, o peggio che qualche notte mi bussano e ti portano ammazzato…»; appena finisce questa frase c’è uno stop e parte un flashback di quello che è successo prima, cioè io mi fermo, racconto e faccio vedere quello che è successo, poi lo spettacolo riparte da questa frase che ripeto. Questo meccanismo l’ho preso da Matrimonio all’Italiana di De Sica dove c’è Sofia Loren che parla, la telecamera si avvicina e inizia il flashback di quando lei è entrata nella casa chiusa. Alcune cose sono dentro di me e son nate pensando a questi grandi capolavori.
Se io ripenso a ciò che ho visto e a quello che questi Maestri mi hanno dato… Ecco, io dico che vorrei che al mio pubblico arrivasse quello che a me è arrivato all’epoca quando ho visto quei film e quei grandi attori.

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