
L’appuntamento era infatti ghiotto e in pochi sono riusciti a resistere a un autobus che comodamente partiva da Pesaro-Urbino, arrivava allo storico teatro milanese e poi riportava tutti a casa. A richiamare i giovani nella capitale meneghina uno dei più importanti Maestri di teatro: Bob Wilson e il suo nuovo spettacolo, il primo dedicato al mito antico, Odyssey. Una rilettura in chiave contemporanea, grazie all’intervento del poeta inglese Simon Armitage, che combina continuativamente il piano del fantastico e quello della realtà; ma soprattutto un viaggio dell’insopprimibile bisogno dell’uomo di conoscere le radici della propria esistenza.
Vi proponiamo uno scritto che uno dei giovanissimi partecipanti a REmarcheBLE!, Giovanni Marconi, ha voluto condividere con noi, per raccontarci il suo viaggio a Milano e quello suo personalissimo vissuto con questa esperienza.
Il viaggio di Giovanni Marconi, spettatore REmarcheBLE! di Odyssey

Vedendo lo spettacolo mi sembrava di essere il poeta de La pioggia nel Pineto di Gabriele D’Annunzio, che alla fine finisce per immergersi, quasi fondersi con la natura, ritornando alle sorgenti primordiali. La musica del pianoforte che ha accompagnato la storia dell’eroe (così come nella realtà accompagna la mia vita di tutti i giorni) mi ha letteralmente trascinato in quel racconto antico quasi quanto l’uomo. È come se la storia fosse per me il canto ammaliatore delle sirene, ma, a differenza di Odisseo, il mio compagno d’avventura, Wilson, invece di incatenarmi all’albero della nave, mi avesse letteralmente catapultato verso le sirene.
In un’intervista al regista, alla domanda «quale personaggio dell’Odissea vorrebbe essere?» egli rispose ironicamente «il ciclope». Questo può sembrare strano, eppure, ripensandoci in seguito, ho capito quello che voleva dire: il ciclope è un essere mostruoso, enorme, con un solo occhio e dotato soltanto di una forza animalesca e istintiva. Egli non ascolta le voci della ragione, non ha ‘compassione’ per i suoi ‘ospiti’, e alla fine esce sconfitto proprio dalla ragione, dall’ingegno di Odisseo. Wilson è il ciclope, o almeno un ciclope buono, che vive di emozioni, di favole, di istinto, di immaginazione. È questo che cerca di trasmetterci, anche se sembra finire con il restar cieco. Quasi come se quei giochi straordinari di luci e di colori che Wilson riesce a creare con grande abilità d’ingegno vadano ben oltre il senso della vista; diventano un’emozione che l’uomo può vivere anche se accecato dall’eccessiva razionalità del mondo, ritornando, anche se pur per un solo pomeriggio, all’infanzia, quando, innocenti e spensierati, ci addormentavamo cullati dal dolce racconto delle favole.(228)