MARA CASSIANI e 7-8 CHILI per Teatri del Tempo Presente
L’interazione tra corpo e tecnologia sta andando sempre più verso un utilizzo maggiore nella vita quotidiana così come nel mondo della performance: un coinvolgimento che mette in luce particolari meccanismi e sposta la questione, estetica e semantica, su un altro piano.
Al Festival Inteatro di Polverigi hanno partecipato alcune compagnie promosse nell’ambito di Teatri del Tempo Presente, progetto interregionale di promozione dello spettacolo dal vivo a cura del MIBACT – Direzione Generale per lo spettacolo dal vivo e delle Regioni: Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto.
Ogni regione produce, sostiene e promuove una creazione artistica calata nel presente che poi circuita nelle altre regioni che aderiscono a questo progetto. Al Festival Inteatro di Polverigi sono passati e hanno presentato il loro spettacolo Marco D’Agostin con Per non svegliare i draghi addormentati (Regione Veneto), Fibre Parallele con Lo splendore dei supplizi (Regione Puglia), Mara Cassiani con L’uomo Perfetto e 7-8 Chili con Hand Play per la Regione Marche, un dittico performativo che vede il CMS – Consorzio Marche Spettacolo attuatore del progetto e Inteatro, in collaborazione con AMAT, produttore.
Il Tempo Presente per le Marche coincide con un connubio tra realtà, ricerca estetica e interazione con i mezzi tecnologici. Due progetti molto differenti per due compagnie che presentano però dei punti in comune formando un dittico curioso, ironico e raffinato.
Richiama alla memoria il cortometraggio danese di Jorgen Leth, Det perfekte Menneske il nuovo lavoro di Mara Cassiani L’uomo perfetto: la performer e coreografa pesarese vi si ispira rielaborandolo e tenendo presente le sue variazioni effettuate da Leth e Lars Von Trier nel 2001. In scena una video camera, un telo in pvc ed effetti visivi in loop completano i movimenti dei corpi che sul palco sfilano, posano, semplicemente presenziano. Uomini in camicia bianca e cravatta ammiccano, donne sensuali in abiti fucsia si mettono in mostra, eseguono movimenti sghembi, quasi rotti: come fossero su una passerella invisibile ripetono passi e gesti, in una reiterazione che se dapprima sembra portare a un contatto tra maschile e femminile, poi si rivela un’esasperazione senza possibilità di incontro. Una camera riprende alcuni dettagli dei loro movimenti proiettandoli sullo schermo alle loro spalle: corpi, visi, mani si toccano, creano altre forme. Solo nel mondo virtuale e nelle installazioni video – che per i colori utilizzati ricordano le proiezioni di Pipilotti Rist – avviene il contatto: questi esseri così perfetti non sono in grado di comunicare una complementarietà l’uno con l’altra, ma piuttosto restituiscono un’alienazione delle possibilità di relazione, troppo presi a curare loro stessi e i propri movimenti.
Sulla scena asettica una voce registrata descrive le azioni e le giornate dell’essere umano perfetto come se fosse un animale da osservare, da studiare in tutte le sue funzionalità e in ogni minuto della sua esistenza; esistenza sempre uguale a se stessa, apatica e priva di vitalità che forse si riscatta in quell’ultimo sguardo della coreografa, anche lei in scena, ripreso e proiettato sul grande schermo, mentre risuona nel teatro la canzone Blue Velvet che intona, dolce e onirica come gli stessi effetti visivi.
Anche il lavoro della compagnia 7-8 chili va nella stessa direzione. In scena due performer, Davide Calvaresi e Giulia Capriotti, interagiscono senza mai toccarsi: il contatto avviene solo ed esclusivamente sullo schermo.
Hand Play ha debuttato a Inteatro e rappresenta la tappa finale di un percorso visivo portato avanti dalla compagnia per riflettere sulla dimensione relazionale tra uomo e donna. Tutto è basato su un’illusione di lontananza/vicinanza: riprendendo da vicino la propria mano con una webcam in scena, la figura maschile di Calvaresi trova in quelle due dita la propria proiezione, tanto che esse sembrano della stessa altezza della performer Giulia Capriotti, posta più lontano rispetto all’obiettivo. La costruzione permette così un gioco prospettico che fa interagire continuamente la Capriotti con le dita di lui, in cui una parte sostituisce il tutto. Le dita suonano così un piccolo pianoforte, che posto alla giusta distanza da lei e vicinissimo alla camera, risulta essere a grandezza umana; le offrono dei fiori, la proteggono dalla pioggia, la coccolano o la prendono in giro. Hand play affronta così degli stereotipi che contraddistinguono la relazione di coppia, in maniera divertente ma anche intelligente, in un rapporto che in fondo è filtrato da uno schermo come accade sempre più ai nostri giorni in cui spesso il contatto tra uomo-donna si consuma solo in una chat virtuale o attraverso una webcam.
Carlotta Tringali
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