Dal 27 al 29 ottobre 2017 tra Grottammare e San Benedetto del Tronto ha avuto luogo la 23esima edizione della rassegna Teatri Invisibili curata da Laboratorio Teatrale Re Nudo in collaborazione con AMAT e promossa dai rispettivi Comuni. Otto gli spettacoli presentati nei vari spazi scenici coinvolti – dal Teatro delle Energie di Grottammare al Teatro Concordia di San Benedetto passando per il Teatro dell’Olmo -, con una particolare attenzione alla nuova drammaturgia e ad artisti che sono dei veri e propri attori-autori: Oscar De Summa, Giuliana Musso, Aleksandros Memetaj, Mario Perrotta, Silvia Garbuggino e Gaetano Ventriglia, gli Omini. Presente anche la danza con la giovane Alice Bariselli che ha aperto la rassegna e la compagnia milanese Fattoria Vittadini.
Per lo spettacolo di Mario Perrotta Milite Ignoto – quindicidiciotto è stato attivato il progetto di AMAT Scuola di Platea: gli studenti di Liceo Classico, Linguistico e Scientifico hanno partecipato a delle lezioni introduttive e propedeutiche alla visione dello spettacolo dedicato a quei soldati senza un nome morti durante la Grande Guerra, con un riferimento particolare alla battaglia di Caporetto. Rimasti colpiti dalla performance di Mario Perrotta e dalla tematica portata in scena, alcuni di loro hanno scritto delle riflessioni che pubblichiamo qui sotto.
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All’interno della 23esima edizione dei “Teatri invisibili” abbiamo assistito allo spettacolo di Mario Perrotta, finalista al premio Ubu 2015 come migliore novità italiana o ricerca drammaturgica selezionato da Eurodram – rete europea di traduzione teatrale ed è stato inserito tra gli eventi del programma ufficiale per le commemorazioni del Centenario della Prima Guerra Mondiale a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il titolo dell’opera è Milite Ignoto e racconta la prima vera e forzata unità d’Italia in cui giovani innocenti provenienti da ogni angolo della penisola vengono letteralmente catapultati nelle trincee: teatri di sofferenza e incomprensione dovuti ai diversi dialetti che ancora oggi caratterizzano la nostra Italia, insomma una Babele pseudomoderna. Analizzando l’etimologia della parola ignoto dal latino ignòtus, testualmente “non conosciuto” scopriamo la finalità di quest’opera: dare voce a chi voce non l’ha avuta, commemorare chi è stato dimenticato. Nella guerra non esistono né vinti e né vincitori! Tutti coloro che subiscono i soprusi della guerra perdono qualcosa… i combattimenti logorano dentro, con conseguenze irreversibili.
Mario Perrota in questo monologo ha utilizzato diversi linguaggi: quello del corpo, quello dei giochi di luci contrastanti: una luce bianca e fredda nei momenti di asprezza e una luce più calda tendente al giallo per sottolineare il candore di una speranza nei pensieri di quei giovani rinchiusi in quelle prigioni di fango e sangue. L’unica musica che abbiamo avvertito era il suono della sua voce che cambiava repentinamente svelandoci i sentimenti dei protagonisti straniati dalla realtà circostante. Guidati dalle sue parole ci siamo immedesimati nei personaggi, abbiamo patito le loro sofferenze e abbiamo sperato con loro nella possibilità di un lieto fine.
Con grande maestria, Perrotta ha generato nelle nostre menti un connubio di emozioni tenendoci sempre con il fiato sospeso e ci ha stravolti con parole forti come: “carne da cannone” (utilizzata dal generale Cadorna) mostrando che dietro il sipario della guerra si nascondono giovani immersi nel fango, nella sporcizia, nei resti degli “amici” appena conosciuti, tra odori raccapriccianti e suoni di terrore. Giovani che attendevano per mesi di uscire da quelle ecatombe e che in ogni frazione di tempo in cui i conflitti cessavano anche se solo per qualche istante, scrivevano, come potevano, lettere ai loro cari con l’intento di metterli al corrente che in mezzo a quell’orrore loro erano un porto sicuro, un pensiero fisso, ma anche con l’amara consapevolezza che forse quelle lettere non sarebbero mai arrivate.
Dopo questo spettacolo ho interrogato la fibra più nascosta della mia composizione esistenziale ed ho visto qualcosa di nuovo di cui prima non mi accorgevo. Ho capito che è importante fare attenzione anche e soprattutto ai particolari della scena, per poter cogliere il senso profondo di ogni singolo dettaglio della storia narrata e rappresentata, perché esso può aprirci un mondo! Infine, ho guardato con occhi diversi il fenomeno della guerra, di ogni guerra! Penso che il teatro abbia un ruolo molto importante: aiutarci a guardare da più prospettive, informare e sensibilizzare. Francesca Marcelli, 5^A, Liceo Linguistico Capriotti di San Benedetto del Tronto (AP)
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Lo spettacolo Milite Ignoto mi ha colpita fin dai primi minuti poiché l’attore, con le sue parole e i suoi gesti, è riuscito a trasmettere la verità cruda di un aspetto spesso trascurato della Prima Guerra Mondiale: la vita di trincea. Egli ha raccontato la realtà vissuta da uomini e ragazzi della mia età, lontana da quella che si vive oggi in Italia.
Mi ha catturato la bravura dell’attore nel saper raccontare, con pochi elementi scenici e il suo corpo, una crudeltà che mi ha scossa. L’immagine di ragazzi inesperti e impauriti che si aggrappano alla vita fino all’ultimo momento, e lottano con tutto quello che hanno, inseriti in un contesto disumano, fa male al cuore. Ho apprezzato l’ultima parte dello spettacolo in cui l’attore ha ricordato al pubblico che ciò che ha rappresentato viene spesso dimenticato, e che, se anche agli uomini che hanno sofferto e dato la vita per la Patria vengono dedicate strade o monumenti, noi non conosciamo appieno ciò che hanno vissuto nella guerra che studiamo sui libri. La performance è stata molto emozionante ed è qualcosa che dovrebbero vedere più ragazzi e adulti; è per me uno spunto di riflessione e un’esperienza che terrò a mente per molto tempo. Veronica Piunti, 5^E, Liceo Scientifico Rosetti di San Benedetto del Tronto (AP)
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Lo spettacolo mi è piaciuto molto. Mi ha colpito la bravura dell’attore, che mi ha permesso di guardare la guerra da un punto di vista nuovo. Siamo abituati a leggere della guerra sulle pagine dei libri di storia, ci soffermiamo sulla successione degli eventi, sulle cause e conseguenze sociali, politiche ed economiche. L’attore invece non ci ha fatto “studiare” la guerra, ma ce l’ha fatta vivere, vivere come la vive il soldato, facendo emergere, con enorme intensità, la sofferenza e la bestialità della vita di trincea. Sono contenta di aver vissuto questa esperienza commovente che mi ha mostrato, attraverso una recitazione intensa, l’orrore della guerra. Elena Straccia, 5^E, Liceo Scientifico Rosetti di San Benedetto del Tronto (AP)
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