Macbettu nelle Marche
“Il teatro di Alessandro Serra e del suo Teatropersona è sempre carico di immagini di grande impatto. Ma il suo ultimo lavoro, Macbettu, che mette in scena il classico shakespeariano in dialetto barbaricino, ha qualcosa in più. Le immagini dello spettacolo hanno una potenza arcaica, violenta, bella e terribile allo stesso tempo, e il dialetto apre un paesaggio sonoro non meno livido e affascinante di quello visivo. Ma, incredibilmente, quello che cuce insieme questi elementi lividi è una sotterranea ironia, un’ilarità ctonia e gotica, che per una volta non sabota il dramma, addomesticandolo in commedia, ma lo esalta.” Graziano Graziani, per Minima et Moralia
Il pluripremiato Macbettu di Alessandro Serra ha registrato tantissimi apprezzamenti nei tanti teatri marchigiani dove è stato ospitato, ossia al Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno, al Teatro dell’Aquila di Fermo, al Teatro Lauro Rossi di Macerata, al Teatro Pergolesi di Jesi e al Teatro Rossini di Pesaro. Ovunque ha suscitato standing ovation, repliche aggiunte per il sold out, ammirazione, scrosci di applausi ed echi negli affezionati spettatori che, a distanza di mesi, quando ci incontrano ci sussurrano all’orecchio: “Macbettuuuu”, come a dire che quello spettacolo è rimasto loro nella mente, ma soprattutto nel cuore.
LO SPETTACOLO
Macbettu di Alessandro Serra s’incunea in un crocevia: da un lato le intuizioni geniali del Macbeth di Shakespeare, dall’altra l’ispirazione del regista di fronte al Carnevale barbaricino. Della vicenda scespiriana si recupera l’universalità e la pienezza di sentimenti, millimetricamente in bilico sul punto di deflagrare. Di fronte ai carnevali sardi una visione: uomini a viso aperto si radunano con uomini in maschere tetre e i loro passi cadenzano all’unisono il suono dei sonagli che portano addosso. «Quell’incedere di ritmo antico, un’incombente forza della natura che sta per abbattersi inesorabile, placida e al contempo inarrestabile: la foresta che avanza» – così Serra descrive la suggestiva ascendenza da cui è scaturito il suo lavoro di contaminazione. Macbettu traduce – e volontariamente tradisce – il suo riferimento testuale, valica i confini della Scozia medievale per riprodurre un orizzonte ancestrale: la Sardegna come terreno di archetipi, orizzonte di pulsioni dionisiache. La riscrittura del testo operata dal regista, trasferita poi in limba sarda da Giovanni Carroni, guarda a una interpretazione sonora: gli attori sulla scena – uomini, come da tradizione elisabettiana – decantano una lingua che è pura sonorità, si allontanano dal giogo dei significati per magnificare il senso. Il risultato è uno spettacolo – prodotto da Sardegna Teatro, in collaborazione con compagnia Teatropersona e il sostegno di Fondazione Pinuccio Sciola e Cedac Circuito Regionale Sardegna – colmo di una meraviglia cupa, in grado di utilizzare elementi della tradizione, senza tuttavia fermarsi a una contemplazione statica, ma utilizzando i segni in modo schiettamente contemporaneo, quindi ambiguo, tragico, affascinante. La scena è curata in una stilizzazione puntuale: ogni oggetto – i costumi, le pietre, il sughero, i campanacci – è elemento coerente e contribuisce alla costruzione di uno spazio visionario e evocativo, in cui gli attori – Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Andrea Carroni, Giovanni Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu, Felice Montervino – si muovono, seguendo precise traiettorie coreografiche. Macbettu at mortu su sonnu: Macbettu inquieta con l’atroce bellezza di un racconto senza parole, in grado – come da tradizione barbaricina – di dire senza rivelare.
SCUOLA DI PLATEA CON MACBETTU
Lo spettacolo Macbettu è rientrato anche nel progetto Scuola di Platea che prevede una lezione propedeutica alla visione dello spettacolo in classe, la visione dello spettacolo in serale insieme a tutta la comunità teatrale e l’incontro con la compagnia al termine della pièce o il giorno successivo. Nonostante AMAT fosse convinta della proposta da sottoporre ai giovani studenti, pensando alla bellissima esperienza che i ragazzi avrebbero potuto vivere, non è stato semplice “convincerli” a fidarsi: incuriosire i ragazzi e farli partecipare a un lavoro teatrale in sardo ha rappresentato una grande scommessa. Ovviamente vinta. Vinta perché sin dalla lezione propedeutica, in cui si sono attraversati il testo shakespeariano di Macbeth e le sue tematiche, si sono raccontati con parole, video e immagini i carnevali barbaricini e la potenza della loro ritualità, gli studenti sono stati rapiti dall’idea che il teatro potesse mescolare un testo classico per eccellenza e la tradizione di una piccola regione d’Italia. E lo spettacolo poi li ha conquistati al punto che alcuni di loro hanno deciso che vederlo una sola volta non sarebbe mai bastato; sono tornati a teatro per vedere e rivedere Macbettu, spostandosi addirittura di città in città. Superlativo.
Ogni città ha avuto poi il suo incontro con la compagnia, un vero spazio aperto al dialogo tra spettatori e artisti in scena. Tante le domande e le curiosità rivolte agli attori, a partire dalle fonti di ispirazione al lavoro fisico svolto, dalla traduzione in lingua barbaricina all’utilizzo degli oggetti essenziali in scena: uno spettacolo che scarnifica e non aggiunge, in una grande raffinatezza di gestualità, luci e parole.
ALCUNI COMMENTI DEGLI STUDENTI
“A volte le parole sono così dannatamente imperfette ed inutili di fronte alle opere d’arte. Quello che ho visto stasera è l’Arte che si fa corpo, Dio che si fa umano e il Macbettu diventa terra primitiva, diventa tribale, diventa poesia, diventa sensualità, diventa corpo in un allestimento che diventa uno dei miei preferiti di tutta la mia vita. Davanti a opere del genere il silenzio è d’obbligo, bisogna guardare, emozionarsi, studiare, prendere appunti e farle vivere nei giorni avvenire. Credo che il Macbettu debba essere visto almeno una volta nella vita da tutti. Sono sicuro di una cosa: questa è stata la mia prima volta, ma non certo l’ultima.” Tommaso, Liceo Mamiani di Pesaro
“Macbettu è uno spettacolo stupendo. Non basta vederlo una volta sola. Va visto e rivisto da più punti di vista: dalla platea a un palco diventa tutto un altro spettacolo” Jacopo, ITI di Fermo
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Ed eccoli alcuni di questi studenti che da Fermo sono tornati a vedere non solo lo spettacolo a Macerata, ma anche ad ascoltare di nuovo le parole degli attori all’incontro. Qui sotto alcuni scatti rubati dell’incontro tra studenti e alcuni attori e al termine dello spettacolo con tutta la compagnia al completo! Evviva il teatro, quello che rende possibile tutta questa meraviglia!
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