Un racconto polifonico su Saire, Dubois e Cosimi a Civitanova Danza
Una serata dedicata a chi vive la danza come il luogo dove lasciarsi interrogare, dando sfogo alle proprie inquietudini, angosce; ma anche come un varco da attraversare per vivere intensamente questi sentimenti che covano nell’uomo, lasciandoli poi andare e sospendendoli nel limbo interno a una comunità costituitasi per l’occasione, che esiste una data sera e poi si scioglie con il ricordo di un’esperienza unica e irripetibile.
Il 18 luglio a Civitanova Danza si è tenuto il primo festival nel festival della 22esima edizione della rassegna intitolata al maestro Enrico Cecchetti. Una giornata intensa iniziata all’Hotel Miramare con Civitanova Danza Focus dedicato alla ricerca, a cui hanno partecipato Marinella Guatterini in qualità di critico e studioso, la coreografa e performer di CollettivO CineticO Francesca Pennini e Angela Fumarola, direttrice artistica del Festival Inequilibrio di Castiglioncello insieme a Fabio Masi (leggi il report) e continuata poi al Lido Cluana dove si sono esibite tutte le scuole di danza della città all’Happydancehour!
Ma sono stati gli spettacoli nei tre teatri della città a lasciare il segno, guidando la visione con delle parole chiave come luce/ombra, memoria e solitudine, paura e angoscia: stiamo parlando rispettivamente di Neons del coreografo svizzero Philippe Saire, Les mémoires d’un seigneur di Olivier Dubois e Ballet du Nord, Fear party di Enzo Cosimi.
Ripercorriamo qui gli spettacoli attraverso le parole dei critici che hanno assistito alla serata.
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“La giornata civitanovese si era aperta nella piccola sala Cecchetti, dedicata al celebre maestro di danza dei Ballets Russes originario della città. Qui Philippe Chasson e Peip Garrigues, guidati dallo svizzero Philippe Saire, si muovono nel circoscritto spazio della scena, tra scritte scorrevoli che colgono squarci di una storia all’epilogo ( “sono un bastardo!”, “È troppo!”) e barre al neon che fungono da barriere da superare o semplici strumenti per mettere meglio a fuoco l’altro. Si racconta la fine di una storia: un rapporto che si sfalda, che ha un vincitore e un vinto. Fatti della vita, come lo sono la paura, la solitudine, la prevaricazione e la sconfitta. A ben pensarci, in fondo, sono tutti frammenti di un discorso esistenziale tradotto nei vari idiomi della danza.”
Silvia Poletti, per “delteatro”
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Un leader politico seguito giorno e notte dagli agenti di sicurezza. Una rock star costretta a vivere rinchiusa fra stanze d’albergo, limousine ed elicotteri per mettersi al riparo dall’assalto dei fan. Un imperatore romano protetto dalla legione di pretoriani. In ogni modo un uomo, un signore, solo, i cui rapporti col resto di esclusione sono fatti di esclusione e del pericolo di rigurgiti di violenza.
Sembra essere questo il motivo di fondo di Les Mèmoires d’un seigneur del coreografo francese Olivier Dubois che ha debuttato in prima mondiale alFestival Bolzano Danza e immediatamente dopo è stato presentato a Civitanova Danza. Dunque la solitudine dell’uomo di potere. Impersonato da Sébastien Perrault, danzatore prediletto di Dubois, circondato da una trentina di uomini di diverse età, fra i 18 e 70 anni, non professionisti, scelti fra Bolzano e Civitanova.
Sergio Trombetta, per la Stampa
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L’avanzare lentissimo verso un tavolo dalla parte opposta della scena, in un buio appena rischiarato da una striscia di luce, è subito il segno forte di una visione perturbante. Un tempo lungo che svelerà le sembianze di un uomo con una barba lunghissima, segno di sovranità. Trono, podio, o cattedra, simbolo comunque di superiorità, quel banco metallico è l’unico elemento in scena.
Con esso, salendovi sopra o rifugiandovisi sotto, accarezzato, circoscritto, capovolto, trascinato, il danzatore Sébastien Perrault ingaggerà un corpo a corpo di potente fisicità tra silenzi e suoni martellanti. Immerso in un sapiente gioco di luci.
Giuseppe Distefano, per “Il Sole 24 Ore”
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La maratona, infine, è stata chiusa al Teatro Annibal Caro con la prima assoluta di Fear Party, ultima creazione firmata da uno dei nomi di spicco del panorama italiano, Enzo Cosimi. Vero e proprio distillato di tutte le paure che attanagliano l’uomo, il seducente titolo ha visto in scena due interpreti di notevole spessore, Paola Lattanzi, a cui dovrebbe spettare il titolo di étoile essendo lei stessa l’incarnazione storica dello stile Cosimi, e il dirompente Pablo Tapia Leyton. Avvinghiate continue, balzi ferini e spasmi improvvisi modellano le frustrazioni e il senso di smarrimento causato dalla fobia. Momenti di puro silenzio, rotto solamente dal rumore di corpi che non hanno quiete, cedono il posto alle musiche di Chris Watson accompagnandoci in un viaggio verso i meandri oscuri dell’inconscio, dove orazioni di rivoluzionari sudamericani e crocifissioni a terra vengono stemperate in maniera naïf tra l’utilizzo di oggetti scenici e giochi innocenti, come costruire binari per due treni che non si incontreranno mai.
Carmelo Antonio Zapparata, per “Arte e Arti”
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