Home Featured Digital live entertainment: la performance nella fase (quasi) matura del live streaming di massa
Digital live entertainment: la performance nella fase (quasi) matura del live streaming di massa

Digital live entertainment: la performance nella fase (quasi) matura del live streaming di massa

421
0

Da anni il live streaming, ovvero trasmettere contenuti in diretta, fa parte del repertorio di azioni dei social media più diffusi: YouTube nel 2013 ha iniziato a concedere ai canali verificati la possibilità di fare dirette video, Twitter ha lanciato nel 2015 l’app Periscope, che permette a tutti gli utenti di trasmettere video dal vivo geolocalizzati, mentre nel 2016 è stata la volta di Facebook Live e di Instagram Live. Il live video streaming (la trasmissione di video dal vivo) come “next big thing” della rete è infatti un trend che precede l’emergenza COVID, come numerose statistiche hanno dimostrato.

Il significato culturale della simultaneità della trasmissione è da sempre uno dei temi centrali nello studio dei media di massa. Come messo in luce da Dayan e Katz, la trasmissione dal vivo nei mass media partecipa a definire la rilevanza sociale di eventi e cerimonie pubbliche. Essa però, come sostiene Nick Couldry, è utile anche a consolidare il potere stesso dei media. Secondo il sociologo inglese la narrazione dell’esclusività della diretta partecipa alla costruzione ideologica dei media di massa quali canali privilegiati per connettere la popolazione al “centro della vita sociale”.

L’ubiquità del live streaming digitale si pone in maniera contraddittoria rispetto al mito della diretta tipico della cultura dei media di massa. Se da una parte enfatizza il valore della connessione al tempo presente, dall’altra, tale connessione non dipende più da una costruzione centralizzata dell’evento da parte delle grandi industrie mediali. Cade quella corrispondenza fra trasmissione dal vivo e il collegamento con IL mondo al singolare, che per lungo tempo ha caratterizzato la diretta televisiva e radiofonica.

Questo stato di cose si è reso evidente negli ultimi mesi, dove le dirette live digitali sono entrate in una dimensione pienamente mainstream. La pluralità delle dirette ha familiarizzato una vasta fetta della popolazione ad un panorama policentrico, in cui convivono molteplici sensi dell’evento. Inoltre, altra differenza cruciale con il senso mass mediale della diretta, risiede nelle possibilità di interazione offerte dalle piattaforme. L’uso di commenti, like e reaction delinea un rapporto sì asimmetrico ma potenzialmente biunivoco con il creatore di contenuti.

In questa condizione di performatività generalizzata – dove in molti si trovano con il proprio corpo di fronte ad un pubblico dal vivo – a che punto sta la sperimentazione estetica con questo medium?

Il catalogo di artisti che hanno lavorato sulle tecnologie interattive e sui paradossi della diretta mediale è sterminato. Qui, però, ci interessa osservare il confine fra sperimentazione e intrattenimento, per capire le possibili strade che l’intrattenimento digitale dal vivo potrà assumere nel prossimo futuro.

Un tassello essenziale in tal senso è costituito dall’esperienza di Super Deluxe. Super Deluxe è stata una media company di breve durata del gruppo Warner. Nel 2017, in pieno boom delle dirette live su Facebook, ha sviluppato uno stile di intrattenimento capace di integrare le estetiche giovanili delle culture digitali a contenuti che sfruttavano l’interattività della piattaforma. Fra giugno e dicembre 2017 la pagina Facebook di Super Deluxe ha ospitato performance dallo humor assurdo, a cui hanno assistito decine di migliaia di utenti che hanno partecipato in diretta allo svolgimento del contenuto stesso. Si va dalla Live Telenovela, soap opera recitata dal vivo dove il pubblico decide tramite reaction come andrà avanti l’intreccio della storia (figura. 1), al Rap freestyle più lungo del mondo fatto con i commenti del pubblico, fino a Viewers’ choice milkshake, dove il pubblico è invitato a votare gli ingredienti del frullato che gli operatori di Super Deluxe andranno a bere in diretta. Super Deluxe immerge i linguaggi dell’arte partecipativa e della body art nell’ambiente Facebook. Gioca sulla loro banalizzazione, non per denigrare quella tradizione artistica, ma per parodiare l’ossessione del marketing digitale (di cui il progetto stesso è un esempio) per la partecipazione, mostrando come questa si risolva spesso in scelte frivole, in puro esercizio di possibilità.

Figura 1 – La live telenovela di Super Deluxe: il pubblico vota tramite le reaction per decidere cosa succederà

Super Deluxe rimane un caso forse unico nel modo in cui è riuscito a coniugare la sperimentazione sulle caratteristiche del mezzo e la produzione di contenuti di intrattenimento rivolti a un vasto pubblico su Facebook. Da una parte perché l’esperienza con Facebook Live ha richiesto un impianto produttivo difficilmente replicabile (studi, operatori, attori, scrittori). Dall’altra perché gli ultimi tre anni hanno visto la massiccia migrazione sulla piattaforma Twitch.tv dei creator che stavano cominciando a lavorare sull’intrattenimento dal vivo.

Twitch è la piattaforma di Amazon interamente dedicata al live entertainment. Nato nel 2011 come social media per la condivisione di video di gaming, Twitch conta ora un flusso di utenti connessi ad ogni ora che supera il milione, più di reti televisive come la CNN.

Oltre alla sua efficienza nella trasmissione dal vivo, la caratteristica centrale della piattaforma è costituita dagli strumenti di interazione con il pubblico. Twitch struttura il meccanismo di partecipazione della community nell’ottica ludica della gamification. Seguire a lungo le trasmissioni dal vivo o interagire spesso nella chat permette di guadagnare punti per accedere ad opzioni di interazione più avanzate. Con questi punti si può mettere in evidenza il proprio messaggio, si può farlo comparire direttamente sullo schermo della trasmissione, oppure si possono mandare in diretta canzoni e messaggi vocali.

Accanto alle componenti tecniche che facilitano l’interazione, troviamo come il rapporto con il pubblico sia anche intensificato tramite le pratiche. Ad esempio è buona norma dei creatori di contenuti della piattaforma porre attenzione e reagire a ciò che sta succedendo nella chat in diretta, mantenendo con questa un dialogo aperto e costante.

Lo spettro di contenuti ora presenti sulla piattaforma si è amplificato ben oltre l’ambito videoludico. Troviamo podcast, interviste, video di reazione ad altri contenuti, gruppi di amici che si riprendono durante le loro attività quotidiane o mentre frequentano locali e concerti, ma anche dj, programmi di cucina e performance sportive, tutto rigorosamente dal vivo.

Figura 2 – Homyatol e Panetty, due degli streamer italiani più noti, in live su Twitch mentre sono in un ristorante

Sembra che dopo anni di false partenze e cattivi utilizzi della metafora, il “broadcast yourself” – vecchio motto di YouTube – sia davvero diventato realtà. Non si tratta però di una televisione di serie b che baratta la mancanza di mezzi tecnici con il senso di immediatezza. La vicinanza con il pubblico non dipende da alcuna “genuina amatorialità” dei contenuti, ma dal fatto che gli utenti hanno un impatto diretto sul clima delle trasmissioni dal vivo: interagiscono reciprocamente, si muovono insieme da un canale all’altro della piattaforma (i cosiddetti “raid”), valutano in diretta l’andamento delle live. Se proprio dovessimo trovare una metafora dell’esperienza Twitch, sarebbe sicuramente più appropriato pensare ai diversi palchi di un festival o ai vari locali di un centro città, piuttosto che ad una rete televisiva.

In questo spazio che pone la performatività come condizione primaria, come si sta muovendo l’ambito della performance artistica?

Una risposta breve, semplificatoria e leggermente pessimistica è che attualmente di movimento non ce n’è molto.

Se consultiamo la categoria “performing art” su Twitch, questa corrisponde quasi esclusivamente a contenuti musicali. Non si parla solo di dj-set e band da cameretta, ma anche concerti in studio, anteprime di album (fra i tanti anche il compositore elettronico Nicholas Jaar) e tutorial sull’utilizzo di strumenti e programmi musicali. Quasi nessuna traccia di altri generi di arti performative.

Sul versante teatrale una delle poche esperienze che si sono affacciate a Twitch è il recente La Maldición de la Corona de La Fura dels Baus. La Maldición de la Corona è una rielaborazione digitale del Macbeth costruita durante il lockdown, tematizzando l’isolamento sanitario e il dispositivo della video conferenza. Vi troviamo lo stile tipicamente massimalista della compagnia, con un forte impiego di esperti (informatici, ricercatori biomedici) e mezzi tecnologici (per l’occasione è stata creata una app apposita per accedere a contenuti immersivi). Di fronte a tale complessità, però, Twitch viene utilizzato soltanto come canale dove ritrasmettere l’opera precedentemente mostrata su YouTube, senza nessuna interazione specifica con il pubblico ivi presente e senza alcun dialogo estetico con questo specifico ambiente digitale.

Figura 3 – La Maldición de la Corona de La Fura dels Baus, trasmesso l’8 maggio 2020 su Twitch

Diverso è invece il caso della musicista elettronica venezuelana Alejandra Ghersi, meglio conosciuta come Arca. Fra le più importanti innovatrici del linguaggio musicale dell’ultimo decennio, collaboratrice di Bjork, Kanye West e FKA Twigs, Arca ha iniziato il 28 marzo 2020 la sua avventura su Twitch, trasmettendo live una sua traccia in anteprima. Da qui, però, Arca non si è limitata ad usare la piattaforma come ulteriore canale distributivo per la sua musica, ma ha assunto pienamente il ruolo di “streamer” (etichetta che indica i produttori di contenuti di Twitch). Nel suo canale Alejandra importa la sua estetica accelerazionista queer nella creazione di dirette dove alterna conversazione con il pubblico, composizione dal vivo e ricerca visiva. La condivisione del processo creativo diventa quindi per Arca l’occasione per produrre un contenuto autonomo, che non si nutre solamente dell’interesse specialistico dei suoi fan, ma che sperimenta nuove forme di relazione con il pubblico al di là della dicotomia fra onstage e backstage.

Figura 4 – Screenshot di Arca durante una live su Twitch. Sullo schermo vengono mostrati i commenti degli utenti e il software che l’artista sta usando per produrre musica dal vivo

Altro esempio, questa volta italiano, è quello del fumettista Maurizio Piraccini, in arte Dottor Pira. Attivo su molteplici media da più di due decenni, l’estetica del Dottor Pira è caratterizzata dal nonsense parossistico e da uno stile grafico dedito alla “bassa fedeltà”. Nei suoi ultimi lavori come La vera storia dell’hip hop (2016) e Super Relax (2018) Pira ha iniziato un percorso che mixa il suo immaginario dell’assurdo con la divulgazione saggistica. Nei mesi del lockdown questo percorso visivo e tematico si è allargato anche a Twitch, con la serie di lisergiche videolezioni dal titolo JONATHAN DIMENSIONE AESTHETICA. Qui l’artista illustra le sue personali riflessioni e ricerche sulla storia dell’arte attraverso un’estetica retro-futurista che cita le prime sperimentazioni di la tele-didattica.

Figura 5 – Screenshot da un episodio di JONATHAN DIMENSIONE AESTHETICA, la serie live su Twitch dove Dottor Pira presenta le sue riflessioni su estetica e storia dell’arte

Lavorare sui linguaggi nascenti dell’intrattenimento digitale dal vivo è un’impresa che incontra non poche barriere d’ingresso. Questa richiede infatti di affrontare una tripla difficoltà: le complessità legate alla sperimentazione audiovisiva, quelle legate alla produzione in tempo reale e le difficoltà della gestione continuativa del pubblico. Senza dubbio ciò spiega in parte la reticenza del campo artistico e teatrale nell’avventurarsi in questi ambienti. Tuttavia, come la storia dell’uso artistico dei media ci insegna, spesso la fascinazione iniziale per il mezzo porta a pensare che l’innovazione consista in un utilizzo “sovrabbondante” delle tecnologie mediali e che il livello di competenza tecnica dell’artista debba eccedere quello dell’utente standard. Forse l’ingresso delle performing art in questi spazi dipenderà proprio dal superamento di questa ansia da prestazione tecnologica, nonché dalla presa di consapevolezza che le sperimentazioni più efficaci sulle piattaforme digitali sono spesso di natura relazionale piuttosto che tecnica.

                Stefano Brilli – Redazione NEOff

(421)