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RE_PLAY wired connection: tra reale e fittizio, tra presenza e assenza

RE_PLAY wired connection: tra reale e fittizio, tra presenza e assenza

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Una residenza particolare: una coreografia che coinvolge il digitale, ma creata per essere condivisa con un pubblico dal vivo. La residenza della performer-coreografa Giselda Ranieri per il progetto RE_PLAY wired connection si è svolta al Teatro Sperimentale di Pesaro dal 18 al 31 gennaio 2021, realizzata su iniziativa del Comune di Pesaro e dell’AMAT con il sostegno di Regione Marche e MiBACT, nell’ambito del progetto Marche Casa del Teatro. Residenze d’artista con Residenze Marche Spettacolo.

La residenza, prodotta da ALDES, si è svolta con la collaborazione artistica di Alessandra Sini, luci e tecnica di Luca Telleschi e video di Ilaria Scarpa, con il sostegno di MIBACT – Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo – Direz. Generale per lo spettacolo dal vivo, Regione Toscana, Sistema Regionale dello Spettacolo, Lavanderia a Vapore, Teatro Comunale di Vicenza, AMAT, Cooperativa Teatrale Prometeo – Centro Residenze Passo Nord. Il progetto è stato realizzato con il contributo di ResiDance XL – luoghi e progetti di residenza per creazioni coreografiche, azione della Rete Anticorpi XL – Network Giovane Danza D’autore, coordinata da L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino.

Non avendo potuto concedere una restituzione al pubblico per via delle restrizioni attuali, abbiamo deciso di raccontarvela noi.

Come nella sua residenza digitale Isadora. The TikTok Dance Project, anche in RE_PLAY wired connection riusciamo a riconoscere i tratti distintivi di Giselda: il lavoro sulle microespressioni e i micromovimenti, lo sguardo trasversale rispetto alle questioni e l’immancabile ironia. RE_PLAY wired connection è un lavoro di rimessa in atto di memorie reali e virtuali, ricreate graficamente, che attingono a un vero appiglio tecnologico. Un gioco virtuale che si confonde in scena e che attraversa ininterrottamente il divario tra i concetti di presenza e assenza, distanza e prossimità, realtà e finzione, utilizzando diversi strumenti digitali.

foto di Ilaria Scarpa

La performance inizia con il tipico gioco di espressioni di Giselda, proiettate su un grande schermo. Sul palco, la performer rivolge le spalle al pubblico e fa danzare il suo viso di fronte ad un computer, imitando anche le leggere sonorità che accompagnano naturalmente le varie espressioni facciali.

Pian piano la coreografia, ora così incentrata sulla nostra parte più espressiva, si allarga e va a coinvolgere il corpo nella sua interezza, che inizia a muoversi in tutto lo spazio, trasportando lo spettatore in maniera così leggera e naturale da far perdere di vista il punto di transizione tra la sola danza del viso e quella del fisico. La bellezza di tale performance, infatti, sta anche nel delicato passaggio tra la Giselda che già conosciamo, quella dei piccoli movimenti del viso, e la sua nuova forma di espressione che porta in scena tutto il corpo, qui in simbiosi con le nuove tecnologie.

Per tutta la durata della performance vediamo la protagonista muoversi tra spazio, luci e computer. Giselda assume pose a volte forzate e meccaniche, a volte in tensione, altre incredibilmente sinuose o giocose: sembra quasi diventare un qualcosa di sovrumano. Vediamo i mutamenti dell’animo umano susseguirsi in maniera continua e scorrevole, spezzati da momenti di buio che scandiscono gli intervalli tra ogni cambiamento. E quando la luce si spegne, non sai se rivedrai la protagonista in carne ed ossa o una qualche sua immagine registrata.

D’altronde, altra parte integrante dello spettacolo è l’interazione con il digitale. Proiezioni e registrazioni prendono il posto della persona, senza però mai sostituirla: tutte le microespressioni e i micromovimenti di Giselda danno vita agli strumenti tecnologici, portando alla definizione dell’utilizzo della tecnologia nella quotidianità come surrogato di presenza, tema attualissimo in questo periodo, e di memorie, trasformando questi strumenti in un rifugio, in un appiglio a quella realtà che a volte sentiamo troppo distante.

foto di Ilaria Scarpa

Questo “vedere l’azione a distanza” ci porta a riflettere sul ruolo che ognuno di noi ha nella propria vita. Una voce fuori campo, che riconosciamo essere quella di Giselda al registratore, apre un monologo in lingua inglese, che stimola una riflessione sul prendere una consapevole distanza dal sé: siamo noi ciò che siamo o siamo noi semplici osservatori esterni di noi stessi?

Forse, questo periodo ci ha portati ad indagare, più o meno consapevolmente, su quanta nostra verità mettiamo in discussione ogni giorno al fine di apparire per come vorremmo, più che per come siamo realmente. Per tale motivo, RE_PLAY wired connection incita a costruire un ponte tra noi stessi e la nostra immagine, al fine di far comunicare i nostri divari e ricavarne quella media ponderata che si traduca nel nostro vero essere.

La performance nasconde diversi strati di lettura che, rivelandosi man mano, creano al contempo spaesamento e sospensione, delicatezza e distensione. Grazie anche alla musica d’accompagnamento, leggera e introspettiva, si ha la sensazione che ogni movimento nasconda un messaggio, sottile ma costante. Il messaggio, però, non viene mai svelato: sta allo spettatore interpretare ciò che vede, farsi domande e cercare il significato nella performance, o ancor meglio attribuirne uno proprio. “Lo spettacolo” – afferma Giselda – “non risolve. Porta alla ricerca della verità. Ma che cos’è la verità in fondo?”

Ilaria Ciaroni

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