Senza fin.e a Urbino

Il portone si apre, entrano 3 persone alla volta; si varca una soglia abitata da candele, buio e figure antropomorfe. Un portiere in dialetto romano ci chiede di spegnere il cellulare. A Senza fin.e le comunicazioni con l’esterno non sono possibili: dopo tutto si è nell’aldilà. Un aldilà particolare, dove non vi è “l’eterno riposo”, ma l’ennesimo luogo in cui la burocrazia incomprensibile ti rende la vita – in questo caso la morte – un vero inferno; dove gli slogan pubblicitari ti perseguitano e la fine non è che una chimera; un posto in cui l’unica cosa da fare è “attendere di avere qualcosa da attendere”.


Un lavoro certosino, curato in tutti i dettagli – dalla costruzione ai disegni tecnici, dai costumi alla pittura di scena, dalle luci e i suoi disegni all’attrezzeria, trucco, fonica, fotografia e utilizzo dei mezzi di comunicazione –, che si colloca alla fine di un percorso per questi studenti dell’Accademia. Un titolo indicativo che, se vogliamo, esprime la voglia e la speranza di continuare esperienze gratificanti e costruttive come queste dell’Accademia di Scenografia di Urbino; dove il cubo di Rubik non sottolinea “l’attesa di un’infinita attesa”, ma una sfida da affrontare nel proiettarsi verso il futuro.
Carlotta Tringali
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